Ritorno in India: Mandi, Rewalsar, Kullu.

5 giugno 2015
Stamattina parto per Chamba e da lì dovrei andare a Manali, ma il viaggio si presenta al limite del surreale. Lascio l’hotel di Bharmour poco dopo le 6.00 di mattina, sotto un diluvio violentissimo accompagnato da fragorosi tuoni. Da Chamba a Manali c’è un unica corsa giornaliera che parte da lì alle 11.30. Sono carica dei due zaini, della borsa con il necessario per fare il the nella mia stanza, con l’album degli ingrandimenti che riproducono le miniature esposte al museo di Chamba in mano. Un signore mi aiuta a salire sulla corriera tirandomi per un braccio insieme al mio carico. A circa 15 minuti dalla partenza la corriera si ferma: c’è una grossa frana sul percorso e la strada è chiusa. Piano, piano si forma una fila di auto, camion e pullman nelle due direzioni; dalla corriera si può assistere allo spettacolo. L’autista e il bigliettaio, dopo alcune telefonate si infilano sotto una coperta, distesi in posizione opposta l’uno dall’altro sui sedili uniti del fondo della corriera e si mettono a dormire. Passano le ore: ormai il pullman per Manali non riuscirò a prenderlo e dovrò cambiare programma. Scende da un altro pullman un europeo che avevo già notato nella piazza degli 84 templi mentre chiacchierava con un indiano. E’ di Salisburgo, ma sta facendo un lavoro di ricerca sulla mobilità a Goa. Ha 38 anni, si sta laureando in antropologia qui in India. E’ sposato con una ragazza coreana e ha due bambine: una di 12 e una di 4 anni. Ha un visto di tre anni, prorogabile per altri due. Vive molto tempo a Dharamsala e anche a Goa. Si guadagna da vivere traducendo dei testi in tedesco, inglese e coreano. E’ arrivato a Bharmour da Dharamsala, a piedi, attraverso le montagne, e ora sta rientrando là, dove soggiorna la sua famiglia. Parlando con questo ragazzo e il bigliettaio modifico il mio percorso di viaggio: andrò a Mandi dal momento che quella corriera parte alle 16.00 da Chamba. L’autobus su cui mi trovo ora sta tornando indietro e ripartirà da Bharmour alle 11.00. C’è ancora un po’ d’aspettare perché la ruspa termini il lavoro di rimozione dei massi e del terriccio, ma alle 14.00 finalmente arriviamo a Chamba. Pranzo nel mio solito ristorantino dove incontro il ragazzo che mi ha aiutata a trovare la guest house economica la settimana scorsa e poi prendo il cjai nella solita tea stall accanto alla stazione. Il viaggio per Mandi è un tormento: il pullman ritorna a Dharamsala e poi viaggia fino alle prime luci del giorno attraverso un percorso di curve con salite e discese continui. A Pantantok sale un gruppo di ragazzi: quello che si siede accanto a me è un ingegnere civile di 25 anni che insegna in una scuola privata di Chardighar. Abita a Dharamsala con i genitori entrambi medici: il padre ha una clinica privata e la madre si occupa di medicina ajurvedica come privata. La nonna, ormai ottantenne è ginecologa e lavora ancora. Il fratello del ragazzo è ingegnere pure lui, vive a Delhi e lavora per una multinazionale nel campo della ricerca medica. Ad una stazione, poco prima di Mandi c’è un cambio di autista e bigliettaio: il mio percorso fino a Mandi ha bisogno di una piccola integrazione, nonostante sul biglietto ci fosse scritta questa destinazione.

Mandu, il tempio Panch Bahktar e la baraccopoli accanto, nel punto dove confluiscono il fiume Beas e il torrente Suketi Khad.

Mandi, il tempio Panch Bahktar e la baraccopoli accanto, nel punto dove confluiscono il fiume Beas e il torrente Suketi Khad.

A Mandi tutti gli hotel sono pieni e mi devo accontentare di una misera guest house abbastanza costosa per la scarsità di servizio che offre. E’ proprietario un ragazzo di 25 anni, laureato in economia e in possesso anche di un master : insegna una materia legata al business nella scuola superiore statale che in India viene denominata college. Domani, comunque, mi trasferirò in un hotel più accogliente e leggermente più economico. Dopo un riposo di due ore mi avvio a conoscere questa città: incontro subito i primi due templi induisti frequentati da uomini e donne molto pii. Poi, attraverso la piazza del mercato con intorno le bancarelle della frutta e delle verdure e piena di negozi disposti sui tre piani della struttura circolare della piazza. Nella parte centrale del piano interrato ci sono delle gradinate che sembrano ricalcare l’architettura di un teatro greco-romano. Alberi, piante e prati erbosi caratterizzano la parte centrale di questa piazza giardino assieme ad un tempio che si erge in verticale. Tutt’intorno, oltre alle gradinate, sono state collocate delle panchine tutte occupate da persone di ogni età. Anche qui, come a Chamba, la piazza rappresenta il punto d’incontro degli abitanti della citta, ma a Mandi sono rare le persone che stanno sedute in cerchio sull’erba.
7 giugno
Nella mattinata, appena uscita dalla guest house incrocio un corteo nuziale. Lo sposo è in macchina insieme ad un gruppo di familiari e sta con il volto coperto da una maschera fatta a strisce di stoffa.

Mandi, puja nuziale1

Mandi, celebrazione della puja per lo sposo.

Cappello, abito, scarpe sono di taglio tradizionale e tutta la parte davanti del vestito è ricoperta da carta moneta disposta in modo decorativo. Prima che lo sposo scenda dall’auto i suoi parenti mettono in scena una danza al suono di un’orchestra, poi, tutti insieme scendono al ghat per celebrare le numerose fasi della puja nuziale. Il rituale è composto dai vari prodotti della terra e da acqua, latte, fuoco e incensi che bruciano continuamente mentre delle banconote vengono ammucchiate come regalo destinato agli sposi. La prima parte delle puja, con anche la cerimonia specifica dedicata ai piedi dello sposo che vengono lavati nel latte dai suoi genitori, riguarda solo lo sposo, mentre la seconda fase coinvolge anche la sposa.

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Mandi, l’arrivo della sposa.

L’età dei due sposi è rispettivamente di 20 per la ragazza e 22 per lo sposo. Il matrimonio, mi dicono, è stato concordato dalle due famiglie, e non verrà registrato. In questa zona non se ne parla di registrare i matrimoni! Entrambe le famiglie degli sposi appartengono alla categoria dei piccoli commercianti: possiedono dei piccoli negozi dove lavorano anche i due ragazzi. La loro casta di appartenenza fa riferimento al terzo livello. La cerimonia delle puja continuerà anche domani, il giorno dopo che la sposa si sarà stabilita nella casa dello sposo.

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Mandi, cerimonia nuziale con celebrazione della puja per entrambi gli sposi.

Lascio la cerimonia in pieno svolgimento nonostante i calorosi inviti a rimanere e vado a prendere i miei bagagli alla guesthouse per trasferirmi nell’altra, più economica ed anche più bella e pulita.
Nel pomeriggio m’incammino lungo il fiume: sotto il ponte in un vialetto che per un tratto fiancheggia il fiume sta il mercato degli abiti usati. Faccio un giro di lì, ma non c’è nulla che mi piaccia. Le famiglie dei rivenditori di abiti usati vivono accampate qui. Osservo i loro bambini che giocano e qualcuno che si dondola su due altalene legate con una corda ai rami di un albero. Ritorno verso il ponte e mi inoltro lungo una stradina che fiancheggia il fiume. Chiedo qualche informazione riguardo ai templi, ma quasi nessuno mi capisce. Un signore mi fa segno di seguirlo: credo mi stia conducendo ad un tempio importante, invece mi ritrovo in una tea stall dove c’è un ragazzo che parla inglese e mi indica la strada per i numerosi templi.

Mandi, Shiv Rudhra Mandis Lord Shivan Vishnud, XIX secolo.

Mandi, Shiv Rudhra Nandis Lord Shivan Vishnud, XIX secolo.

I primi due sono dello stesso stile dei templi di Chamba e Bharmour, ma molto più recenti: hanno circa 200 anni. Anche il tempio che mi dicono dedicato a Shiv Rudhra Nandis Lord Shiavand Vishnu non ha più di 200 anni. E’ coloratissimo con un portale ricco di sculture tra le quali emerge un toro afferrato per la coda da un uomo. Questa scultura si ripete anche nei templi più recenti ed è caratteristica della zona.

 

Mandi, Punch Bahktar Temple Lord Shiva, XVII secolo.

Mandi, Punch Bahktar Temple Lord Shiva, XVII secolo.

Più avanti, attraversato il ponte sul torrente Suketi Khad raggiungo il Panch Bahtar Temple, una costruzione ricca di pietre scolpite che risale a 400 anni fa. Accanto al tempio, sulla riva del fiume Beas, c’è un ammasso di tende e baracche abitate da famiglie poverissime e piene di bambini piccoli. Per raggiungere l’altro tempio, quello che sta di fronte devo attraversare il ponte sostenuto da grossi cavi d’acciaio che si eleva sul fiume Beas.

Mandi, una baraccopoli lungo il fiume Beas, accanto al Panch Bahktar Temple.

Mandi, una baraccopoli lungo il fiume Beas, accanto al Panch Bahktar Temple.

Al di là del ponte c’è un antico piccolo tempio dello stile scivaita e il fruttivendolo che ha una bancarella lì accanto mi dice che si tratta del Nilkadid Mahadev Temple.

Mandu, scultura del Punch Bahktar Temple. XVII secolo.

Mandu, scultura del Punch Bahktar Temple. XVII secolo.

Raggiungo il Triloknath Temple e qui trovo delle informazioni incise su pietra riguardo alla data di costruzione: 1520.

Mandi, il Triloknath Temple, costruito nel 1520, sorge di fronte al Panch Bahktar Temple, sull'altra sponda del fiume Beas.

Mandi, il Triloknath Temple, costruito nel 1520, sorge di fronte al Panch Bahktar Temple, sull’altra sponda del fiume Beas.

Il tempio è veramente bello: le statue e le incisioni delle pietre, le colonne interne sono incantevoli. Sta cadendo qualche goccia di pioggia che si fa sempre più fitta.

Mandi, particolare del tempio Triloknath, 1520.

Mandi, particolare del tempio Triloknath, 1520.

Mi fermo a ripararmi sulla scala interna di un alloggio: salgono due ragazzi, poi scende una ragazzina alla quale chiedo un’informazione riguardo all’antico tempio di Mandi, risalente al VII secolo. Non ne sa nulla, ma sullo stesso pianerottolo si affaccia un signore con la moglie e mi invitano entrambi ad entrare nel loro appartamento. Lui parla bene l’inglese: è un poliziotto di 49 anni, in servizio a Mandi. Abita con la moglie e uno dei due figli in questa casa, di proprietà dello Stato. Ha due figli: il maggiore studia ingegneria all’università di Delhi. E’ originario, come la moglie che ha 44 anni, di un villaggio nei dintorni di Dharamsala dove possiede una grande casa e dove abitano i suoi genitori. Mi fornisce numerose informazione su Mandi e dintorni, anche aiutandosi con internet a cui accede con una chiavetta. Trascorriamo delle belle ore insieme e ci lasciamo con l’accordo di tenerci in contatto via chat.
8 giugno

Mandi, interno del Bhutnath Mandir Temple, VII secolo, costantemente sotto il controllo di militari e di una videocamera.

Mandi, interno del Bhutnath Mandir Temple, VII secolo, costantemente sotto il controllo di militari e di una videocamera.

Il tempio Bhutnath Mandir sta proprio a due passi dal mio hotel. Risale al VII secolo ed è molto suggestivo per le celebrazioni quotidiane che vi si svolgono e per la frequentazione devota e continua della popolazione. All’interno della cappella principale ci sono delle donne che preparano il cibo ricevuto dalle offerte dei fedeli per donarlo alla divinità e quello che rimane ridistribuirlo ai fedeli. Candele e incensi accompagnano i rituali. Alle 10.00, accompagnata da un intenso suono di tamburi e da un fragoroso scampanellio della campana principale posta all’interno del tempio ha inizio un rituale celebrato da due preti che prosegue con delle processioni intorno al tempio e tra i fedeli. I preti portano una serie di piccole candele disposte su un vassoio. Una poliziotta segue e controlla ogni fase della celebrazione, ma alzando lo sguardo intravedo la luce accesa di una telecamera che riprende i fedeli. Il tempio è molto bello: colonne incise, figure scolpite sulle pietre rappresentanti Shiva e Parvati ed altre divinità accanto alle quali le persone si fermano a pregare e meditare. C’è una donna con un figlio quasi adolescente: lo obbliga a togliersi i pantaloni dietro un paravento per avvolgersi intorno alla vita un telo bianco. Poi, lo spinge sull’altare e lo affida al prete per una puja specifica per lui. Una donna che si occupa del funzionamento del tempio mi dona una banana. Più tardi anche la moglie di una specie di guru che collabora al funzionamento del tempio e abita in una delle stanze intorno mi farà dono di una banana che regalerò insieme all’altra a due mendicanti. Esco dal tempio e m’incammino per la città vecchia ricca di negozi di stoffe dai quali spuntano uomini con il tipico turbante dei sikh.

Mandi, avvocati in attesa di clienti all'esterno della Corte Suprema.

Mandi, avvocati in attesa di clienti all’esterno della Corte Suprema.

Tornando verso la piazza dove è stata collocata una statua di Gandhi, salgo su una gradinata che presuppongo, dal via, vai che vedo, porti in un posto frequentato. E’ la sede dell’Alta Corte di Giustizia di Mandi. Nel piazzale esterno, seduti accanto a dei tavoloni, stanno gli avvocati in attesa che le persone si rivolgano a loro. Nella mattinata le consultazioni sono soltanto a pagamento, dopo le 17.00 vengono invece assegnati gli avvocati d’ufficio. Questi consulti, mi spiega un giovane avvocato, non sempre sono gratuiti: dipende dalla consistenza del problema. Anche in India la giustizia è suddivisa in penale e civile. Per quanto riguarda i divorzi, viene notato un certo aumento nelle grosse città, dove i matrimoni vengono più frequentemente registrati. Gli avvocati di ogni età lavorano lì all’esterno usando delle vecchie macchine da scrivere. I computer li possono utilizzare solo all’interno della sede, dove c’è la corrente elettrica. Alcuni avvocati più anziani mi chiedono delle informazioni riguardo alla professione che svolgevo e al paese di provenienza. Comunicano in inglese, con molta facilità di dialogo. Subito dopo la statua di Gandhi trovo l’ingresso per il mercato di vegetali del quale mi aveva parlato il poliziotto ieri. Lì accanto scopro anche un coloratissimo tempio, denominato Mata, dedicato a tutte le dee.

Mandi, il tempio Mata, tra i palazzi del centro.

Mandi, il tempio Mata, tra i palazzi del centro.

Nel pomeriggio mi inoltro lungo una scalinata, in salita. Dei negozianti mi dicono che a poco più di 100 metri c’è un tempio antico. Cammino per oltre mezz’ora e una giovane signora mi rassicura che non mancano più di 10 minuti al tempio. Ci arrivo trafelata: si tratta del Tarna Temple, più conosciuto come Syamakali Temple, dedicato alle dee Kali e Tarna.

Mandi, il Tarna Temple denominato anche Syamakali, con i dipinti delle diverse reincarnazioni della dea Kali, XVIII secolo.

Mandi, il Tarna Temple denominato anche Syamakali, con i dipinti delle diverse reincarnazioni della dea Kali, XVIII secolo.

E’ stato costruito 300 anni fa e c’è un sacerdote che si occupa delle preghiere. Il tempio tutt’intorno è ricoperto di dipinti delle varie incarnazioni della terribile dea Kali. Accanto al tempio, dipinto di un intenso colore rosso, c’è un albero con appesi ai suoi rami un’infinità di bracciali femminili.

Mandi, i bracciali lasciati dalle donne al Mata Temple denominato anche Syamakali, XVIII secolo.

Mandi, i bracciali lasciati dalle donne al Mata Temple denominato anche Syamakali, XVIII secolo.

Più tardi, mentre attingo l’acqua filtrata dal distributore che sta in strada incontro uno dei giovani avvocati che avevo conosciuto in mattinata nel cortile della Suprema Corte e gli chiedo alcune informazioni su Rewalsar, il villaggio che dista 25 km da Mandi e dove andrò domani, in giornata, facendo ritorno a questo accogliente hotel.
9 giugno 2015

Rewalsar Lake. Il lago sacro e sulla collina la statua di Padmasambha, una reincarnazione del Buddha, alta 12 metri, del Zigar Drokpa Institute.

Rewalsar Lake. Il lago sacro e sulla collina la statua di Padmasambha, una reincarnazione del Buddha, alta 12 metri, del Zigar Drokpa Institute.

Rewalsar è carina, ma i templi sono tutti recenti, anche se la storia fa risalire l’origine della cittadina all’VIII secolo. Si racconta, che nel XVII secolo, buddhisti, induisti e sikh si riunirono qui, presso il lago, per organizzare la difesa contro la pulizia etnica attuata dalle popolazioni Moghul.

Rewalsar, allievi del Debung Kagyud Gompa mentre giocano.

Rewalsar, allievi del Debung Kagyud Gompa mentre giocano.

Prima ancora di questo episodio, già nell’VIII secolo, un monaco indiano, Padmasambhava, partì da qui per andare a diffondere la religione buddhista in Tibet. Diversi templi buddhisti della zona sono dedicati a questo personaggio. Il tempio più vecchio, però, potrebbe essere il Gurdwara dei sikh, costruito nel 1930.

Rewalsar, preghiera e simboli sikh al tempio gurdwara.

Rewalsar, preghiera e simboli sikh al tempio gurdwara.

Il villaggio è piccolo, con delle vecchie strade ricolme di negozietti. Anche il lago è carino e percorribile a piedi quasi tutto intorno. Le scimmie lo animano con i loro piccoli aggrappati al seno: cercano il cibo tra l’erba del parco. Alcune si tuffano nel lago e riemergono dopo un po’ di tempo cariche di energia che manifestano saltando e arrampicandosi sulle ringhiere che racchiudono la riserva naturale. Appena arrivata visito il Tso Pema, un gompa molto ricco di dipinti raffiguranti scene della vita del Buddha. All’interno ci sono diverse statue buddhiste e monaci in preghiera. Salgo anche lungo la collina e raggiungo il maestoso Zigar Drukpa Gompa con la sua enorme statua di Padmasambhava. Scendo poi nella cittadina e entro in un tempio induista dedicato al saggio Rishi Lomas che visse qui per sciogliere un voto fatto a Shiva.

Rewalsar, statua di Rishi Lomas, un saggio che per un voto a Shiva fu costretto a fare penitenza qui.

Rewalsar, statua di Rishi Lomas, un saggio che per un voto a Shiva fu costretto a fare penitenza qui.

Degli studenti diciottenni mi si avvicinano per offrirmi una nespola: approfitto per chiedere loro qualche informazione sulle denominazioni dei templi, ma non sanno rispondermi. Subito dopo, incontro un tibetano in pensione che vive tra qui, Dharamsala e Delhi e mi fornisce delle informazioni sui siti buddhisti della cittadina. C’è una grotta sopra il gompa Zigar Drukpa, dove si racconta che Padmasambhava si ritirò a meditare. E’ raggiungibile in autobus, ma ora è troppo tardi per andarci e le corse sono già terminate. Il tibetano mi racconta che lassù, in quel luogo solitario e sacro, vivono diverse monache buddhiste. Ora, qui a Rewalsar, convivono tre diverse religioni (induisti, buddhisti, sikh) che accolgono i pellegrini delle loro fedi nei diversi monasteri e gompa buddhisti, nei templi induisti, nel grande tempio sikh, in un’atmosfera di grande collaborazione.

Rewalsar, allievi del Debung Kagyud Gompa mentre giocano sotto lo sguardo di un monaco.

Rewalsar, allievi del Debung Kagyud Gompa mentre giocano sotto lo sguardo di un monaco.

10 giugno
Un ultimo saluto al vecchio animato tempio Bhutnath Mandir e partenza per Kullu. Al tempio trovo la stessa poliziotta dei giorni precedenti e l’anziana signora vestita di giallo che trascorre le sue giornate lì. Mi riconoscono e la signora mi regala una delle banane che poco prima un fedele aveva offerto a Shiva. Le altre banane, la soldatessa le ha tagliate a pezzi e disposte su un piatto a disposizione dei fedeli. Ero passata di lì anche due sere fa, a salutare il tempio: al posto della soldatessa era di sorveglianza un militare, ma la signora in giallo era sempre la stessa, sempre lì presente.
Arrivo a Kullu, una città mercato. Fruttivendoli, negozi di abbigliamento, utensili di metallo e plastica, attrezzi agricoli, tea stall e ristorantini, pasticcerie ed anche qualche fast-food, rivendite di cellulari e altri articoli elettronici pullulano ovunque, ma manca ancora la connessione a internet.

Kullu, il ponte sul fiume Sarvari che divide in due parti la città.

Kullu, il ponte sul fiume Sarvari che divide in due parti la città.

Sul ponte d’acciaio che sovrasta il fiume Sarvari ci sono numerosi rivenditori nascosti dagli ombrelli aperti per ripararsi dal sole. Alcune donne vendono dei gioielli che paiono d’oro, da loro stesse realizzati. Altri, uomini e donne indistintamente vendono piccole quantità di albicocche e lamponi, qualche pianta e delle sementi. C’è anche un giovane uomo con un bambino piccolo che vende occhiali da vista e da sole. Intravedo diverse donne con dei fazzoletti annodati sul capo che assomigliano alle nostre contadine di un tempo. Kullu,venditrice di verdure sul ponte che congiunge le due parti della cittò, divisa in due dal fiume Salvari.

Kullu,venditrice di verdure sul ponte che congiunge le due parti della cittò, divisa in due dal fiume Salvari.

Incrocio due spettacolari donne vestite di rosso scuro, con il fazzoletto annodato alla contadina sulla testa, dello stesso colore dell’abito: sono madre e figlia della vicina Udaipur, qui in visita a dei parenti.

Kullu, madre e figlia turiste da Udaipur.

Kullu, madre e figlia turiste dalla vicina Udaipur.

Mi fermo in un negozio sulla riva a guardare i coltelli con il manico di legno fatto a mano: ne compro uno e il negoziante me lo affila provocando una luminosa pioggia di scintille. Nel pomeriggio vado a visitare il tempio Raghunath, il luogo sacro più importante di Kullu; percorro un tratto di strada con due insegnanti della scuola cristiana privata inglese che sta accanto al tempio e al palazzo appartenuto ai raja. Le maestre mi dicono che in questa regione, nell’Himalach Pradesh non ci sono le vacanze estive nemmeno per le scuole statali. Qui, le scuole rimangono chiuse per due mesi, in gennaio e febbraio quando fa molto freddo. Il tempio che dovrebbe racchiudere diversi altari dedicati a Raghunath, il raja venerato come un dio, è chiuso a quest’ora, ma anche in orario di apertura le opere non sono attualmente visitabili in quanto in fase di restauro. Faccio un giro intorno al cortile interno accompagnata dal prete del tempio. E’ un ragazzo di 26 anni che ha frequentato la scuola per sacerdoti induisti, in un college proprio qui a Kullu e ora svolge questa professione e abita accanto al tempio. Anche il giovane figlio dei proprietari della guest house dove alloggio ha frequentato la stessa scuola e ora svolge il lavoro di sacerdote, ma non ha un tempio: celebra i rituali delle puja soltanto quando lo chiamano nelle famiglie e nei matrimoni. Il tempio Raghunath funziona per le puja che vengono celebrate a orari stabiliti, in più momenti della giornata, ma l’insieme dell’edificio, secondo quanto mi riferisce il sacerdote, è in fase di restauro. Forse per questa attesa il tempio appare trascurato, ma il bel portale che sta poco distante dal tempio, ricco di colorate sculture, sembra quasi non farne più parte in quanto nettamente soffocato e quasi nascosto dai palazzi costruiti quasi addossati a lui. Se il tempio ha quattrocento anni, come mi riferisce il sacerdote, gli interventi di restauro finora apportati e gli edifici costruiti accanto non hanno fatto altro che togliergli i segni della sua storia ed anche la sua maestosità.

Kullu, il palazzo appartenuto alle famiglie dei raja di Kullu. Il Raja Rupi.

Kullu, il palazzo appartenuto alle famiglie dei raja di Kullu. Il Raja Rupi.

Lì, a due passi dal tempio c’è un edificio appartenuto alle famiglie dei raja, il palazzo Raja Rupi, anche questo in un cattivo stato di manutenzione. L’ingresso si presenta a forma di cupola con delle piccole statue colorate disposte intorno. Nell’interno compaiono delle belle porte e dei ballatoi in legno con delle pregevoli incisioni. Una parte dell’edificio è abitata: lo si può dedurre soltanto dal bucato steso sulla terrazza di legno. La sensazione è di forte degrado.

Kullu, guru sul ponte che congiunge le due parti della città.

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