Sofia (Bulgaria),11 aprile 2019

E’ piovuto stanotte e oggi fa freddo. La parte di città dove sta il mio ostello è senza luce dalle 8:00 di stamattina. Qualcuno mi ha detto che l’elettricità tornerà soltanto stasera.

Mercatino

Sofia, 11 aprile 2019. Il mercatino delle cose vecchie.

Quindi, esco prima del solito, passo attraverso il mercatino dell’antiquariato che sta aprendo le sue bancarelle proprio ora e vado verso il sito archeologico di Santa Sofia. Guardo dalla vetrata esterna il complesso archeologico delle vecchie chiese preesistenti, ma nemmeno oggi la porta è aperta, nonostante l’orario affisso all’esterno. Comunque, dalle vetrate che circondano il sito, là sotto, si vede una grande tomba, quella di Honorius. E composta da mattoni ed ha la forma semi cilindrica. E’ datata: prima metà del V secolo, inizi del VI. E’ stata scoperta nel 1989, insieme alle altre che le stanno intorno.

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Esterno del Museo archeologico: statua di un filosofo, III secolo a.D.

Mi sposto verso il Museo archeologico che sta nel centro della città. Intorno all’edificio ci sono diversi reperti esposti, con date che vanno dal I secolo al XIX secolo, a. D. Ci sono: capitelli, sarcofagi, architravi, are, frammenti di pietre tombali, una fontana e molti altri importanti pezzi archeologici. Appoggiata ad una parete c’è la statua decapitata di un filosofo del III secolo.

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Museo Archeologico: sarcofagi del V-VI secolo.

Più in là, due sarcofagi del V-VI secolo, degli enormi parallelepipedi con il coperchio a semibotte, molto semplici. L’eposizione dei reperti si estende fino al cortile di un elegante ristorante che sta sul retro del museo.

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Interno del Museo Archeologico.

Entro. Ci sono vasi, elmi, spade, fibie in bronzo, urne funerarie del IV secolo b.C.

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Museo Archeologico: terrecotte del primo neolitico.

E ancora vasi del X-IV secolo b.C. e brocche in terracotta del III secolo. Il museo è molto ampio e contiene diverse pietre lavorate del Paleolitico, selci e asce, vasi e tegami del Neolitico, in terracotta, utensili in bronzo e gioielli in oro e vetro.

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Museo archeologico. Personificazione del fiume, II-III a.D.

Ci sono poi diverse statue, tombe e stele votive scolpite in pietra nei secoli prima di Cristo e in quelli immediatamente successivi.

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Museo Archeologico. Uomo col cane,  secolo VI-V b. C.

Là dentro trascorro due ore senza accorgermi del passare del tempo.

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Museo archeologico. Bronzi.

Esco dal Museo archeologico felice per la parte di storia viva e ben ricostruita che mi ha offerto.

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Museo Archeologico. Carretto del VI secolo b.C.

Riprendo il mio gironzolare per la città. A momenti pioviggina, poi, ad un tratto ricompare il sole, ma fa freddo e sulle montagne intorno c’è un bel po’ di neve.

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Museo Archeologico. Madonna con bambino, mosaico del XVI secolo.

Oggi decido di andare a pranzo in uno dei ristoranti della zona pedonale, quelli racchiusi dentro le vetrate.

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Uno dei numerosi ristoranti-veranda della zona pedonale.

Lì, mi accorgo che tutte le foto scattate nel sito di Santa Sofia e al Museo archeologico sono sparite. Quando esco dal ristorante torno al Museo e scatto di nuovo alcune foto.

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Museo archeologico. Donna seduta con accanto la serva, V-IV secolo   b. C.

Torno verso il centro, scendo in uno dei tanti sottopassaggi che attraversano la città e ne percorro uno, diverso dai soliti.

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Museo Archeologico. Ritratti di donne e bambini, inizi III secolo a. D.

Imbocco proprio quello che sta sotto i grandi lunotti trasparenti della piazza principale di Sofia: qui sotto, c’è un’altra parte della vecchia Serdika, emersa dagli scavi.

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L’antica Serdika sotterranea.

Qui sotto ci sono anche i resti di un’antica chiesa ad una navata con 2 nicchie semicircolari e degli affreschi dipinti su un’intera facciata.

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I resti della chiesa nel sito sotterraneo dell’antica Serdika.

Più avanti, tra le vecchie mura c’è un bar con un’esposizione di vecchie foto sbiadite della città, appese alle pareti. Sono circa le 16:00 e ho ancora un po’ di tempo prima che i musei chiudano; decido di andare a visitare il Museo etnografico che insieme alla Galleria Nazionale d’Arte sta nel Palazzo reale.

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Museo etnografico. Carretto.

Lì dentro ci sono due donne, molto avanti negli anni ed anche sgarbate. Non parlano nemmeno una parola d’inglese. Io mi soffermo a leggere e a tradurre quello che c’è scritto sui cartelloni e il tempo passa in fretta. Una delle due donne inizia a camminare avanti e indietro per le stanze, nervosamente.

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Museo etnografico. Abiti tradizionali.

Ad un tratto mi dice che stanno chiudendo. Sono le 17 e 30 e il museo dovrebbe chiudere alle 18:00. Passa ancora un po’ di tempo e arriva anche l’altra donna a sollecitarmi di andarmene. Alle 17 e 50, per uscite diverse, siamo tutte e tre sulla strada.

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Museo etnografico. Culla.

Il museo, tra l’altro, non era molto interessante se non per i cartelloni con le parti di storia che avrei voluto leggere. All’interno del museo ci sono i vari costumi tradizionali bulgari, qualche attrezzo di lavoro agricolo e da calzolaio, un carretto, un tavolo da falegname, una macchina da scrivere anni ’60, una culla, la ricostruzione di un salotto e di un caffè, diverse fotografie ingrandite.

La casa del caffè

Museo etnografico. La casa del caffè.

Torno verso l’ostello e faccio un salto al mercatino dell’antiquariato. Mi piacerebbe acquistare qualcosa, ma non trovo niente che mi piaccia veramente. Provo un bracciale di lapislazzuli e lo compro. Mi accorgo subito dopo che sono pietre dipinte di azzurro e lo riporto indietro.

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Sofia (Bulgaria), 10 aprile 2019

Questa mattina, prima di uscire, ho parlato un po’ con la donna dell’ostello: ha 50 anni soltanto, ma con quei capelli semi lunghi, tinti a metà e spettinati, senza denti e con quella mole enorme ne dimostra molti di più. Le pago le ultime due notti che rimarrò qui, in anticipo, così evito che me lo chieda lei, con la sua sgarbatezza. Oggi non piove, ma il cielo è nuvoloso e fa meno freddo di ieri.

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Il Palazzo presidenziale e le due giovani guardie.

Gironzolo per il centro: passo davanti al Palazzo presidenziale con le due bandiere esposte anche qui: quella della Bulgaria e quella dell’Europa. Sul portone ci sono due giovani guardie, ferme, immobili, in divisa rossa e nera. Arriva un numeroso gruppo di turisti di varie nazionalità, con la guida al seguito. Stanno entrando nel porticato del palazzo accanto.

La rotonda

La Rotonda di San Giorgio e gli scavi archeologici accanto.

Li seguo e con mia grande sorpresa arriviamo, attraverso questa scorciatoia, proprio davanti al sito archeologico che sta accanto alla Rotonda di San Giorgio. Riguardo gli scavi davanti alla chiesa, illuminati da un raggio di sole appena spuntato dalle spesse nuvole: sono in mattoni e pietre e si vedono diverse bocche ad arco sui muri, che probabilmente erano delle tombe. La guida parla un inglese velocissimo e io riesco a captare soltanto qualche parola. Dopo una veloce spiegazione sulle rovine e sulla storia della chiesa il gruppo si allontana, in gran fretta, senza visitare l’interno.

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Il parco in centro alla città.

Mi sposto verso il Museo archeologico che vorrei visitare prima di partire per Sarajevo. Qui, incontro un giovane che sta entrando negli uffici e mi spiega quali altre cose interessanti potrei visitare ancora a Sofia. “Oltre ai musei”, mi informa, “c’è la cripta con i resti delle antiche costruzioni di Santa Sofia”. Mi dice che molta gente di qui è emigrata e che quelli rimasti non parlano l’inglese ed è per questo che sono così poco comunicativi, secondo lui. Non credo sia questa la ragione della freddezza e della scontrosità di questa gente. In Iran, in Turchia, in India dove sono stata di recente, la gente, pur non parlando l’inglese, era molto cordiale ed accogliente.

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La mostra esposta nel parco della città, per ricordare i 140 anni della nomina di Sofia a capitale della Bulgaria.

Entro nel grande parco che sta in mezzo al centro storico. Intorno ci sono dei palazzi colorati di: giallo, marrone, beige e rosa. Qui, le forsizie e i pirus, sono già sfioriti e gli alberi hanno già messo le nuove foglie. Seduti, sulle panchine, ci sono diversi giovani che chiacchierano o mangiano dei panini. Su una panchina, un ragazzo, sta ripetendo ad alta voce una testo in inglese, tenendo una dispensa tra le mani. Altra gente, anche anziana, sta seduta per conto proprio a leggere o a far nulla. Il parco è semplice e pulito: gli spazzini passano in continuazione a raccogliere i rifiuti e a svuotare i cestini.

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La mostra nel parco, per i 140 anni di Sofia, capitale della Bulgaria.

Lungo un percorso è stata allestita una mostra per ricordare i 140 anni della nomina di Sofia capitale della Bulgaria. I pannelli contengono le immagini dei vari eventi accaduti nella città e delle sue trasformazioni, con fotografie d’epoca, planimetrie e documenti che ne ripercorrono la storia. La mostra è stata curata dall’Archivio di Stato bulgaro in collaborazione con l’amministrazione comunale di Sofia.

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L’albero dei desideri con i braccialetti rossi appesi.

Mentre sto guardando la mostra, noto un albero pieno di braccialetti rossi appesi ai rami, ed un uomo che ne sta mettendo degli altri. E’ senz’altro un albero dei desideri! Il parco prosegue dopo una grande strada trafficata e ripropone delle statue, alberi, siepi e numerose panchine piene di gente. E’ il Parco della Libertà, che si estende per oltre 3 Km lungo il viale Lenin, ed è il più grande e bello di Sofia.

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Il Palazzo reale ora sede del Museo etnografico e della Galleria d’arte nazionale.

Camminando tra alberi e siepi, incontro di nuovo il gruppo di turisti con la guida. Sono fermi davanti ad un palazzo colorato di giallo che, se non ho capito male, era la residenza reale. Ora, comunque, questo edificio, ospita, sia la Galleria nazionale d’arte che il Museo etnografico. La guida sta spiegando come una mitraglia la storia di quel palazzo, ma molti turisti del gruppo vanno a sedersi sulle panchine, a riposare. La guida non si ferma e riprende il cammino andando nella direzione della chiesa di Santa Sofia e di quella di Alexander Newski.

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Il parco-giardino tra la moschea Banya-Bashi e il Museo di storia della città.

Passando attraverso degli altri porticati entro in un curatissimo parco con delle vaste zone piastrellate dove dei giardinieri stanno tagliando le siepi e potando gli alberi. Anche qui c’è parecchia gente seduta sulle panchine a leggere e chiacchierare. Di fronte c’è il Museo di storia della città.

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Il Museo di storia della città.

Torno verso la zona pedonale del centro storico, alla ricerca di un ristorante alternativo a quello diventato per me ormai abituale. Cammino fino alla fine della via, guardo le varie insegne dei negozi e le pubblicità che espongono.

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La zona pedonale di Sofia.

Ci sono le scritte di: Benetton, Rocco Barocco, Zara, L’erbolario, Generali, UniCredit, Canon, Mc Donalds, Burger King, Martini, Heineken, Coca cola, Pepsi, Illy, DM e molte altre. Guardo i menù e i prezzi esposti, quando ci sono. Lancio uno sguardo ai tavoli e alla gente racchiusi dentro le vetrate, ma alla fine ritorno ancora là, dalle ragazze in minigonna rossa. Uscita dal ristorante scopro che la chiesetta ortodossa che sta accanto alle rovine dell’antica Serdika è aperta.

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La chiesetta ortodossa di Santa Petka, XIV secolo.

L’entrata quasi non si nota se non scendendo attraverso delle strette scale nascoste. La chiesetta, in pietra, è dedicata a Santa Petka ed è stata costruita nel XIV secolo. E’ piccolissima: ha soltanto una stanzetta piena di quadretti con immagini sacre appese e appoggiate in ogni spazio. C’è anche un piccolissimo negozio di souvenir all’interno.

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Santa Petka.

Ritorno nella direzione delle chiese di Santa Sofia e di Alexander Newski percorrendo il grande parco che arriva fin laggiù. Vorrei visitare la cripta di Santa Sofia, ma sono le 17:00 ed è già chiusa. Mi fermo a guardare le bancarelle del mercatino dell’antiquariato che oggi sono molto numerose.

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Il parco verso le chiese di Santa Sofia e di Alexander Newski.

Oltre ai quadri e ai distintivi, c’è un vasto assortimento di orologi da taschino e da polso, bracciali, anelli, collane, spille, orecchini, qualche strumento musicale, numeri civici e indicazioni interne di abitazioni, occhiali Ray Ban, centrini ricamati a punto croce, pizzi lavorati a mano, bicchieri, bottiglie, posate e diversi altri vecchi oggetti.

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Sofia (Bulgaria), 9 aprile 2019

Piove, ma esco ugualmente: indosso il k-way sopra il giaccone e mi riparo sotto l’ombrellino, comprato in Cina, che ho portato con me. L’ostello non è piacevole e non invita a rimanere come nelle altre città che ho visitato. La donna che se ne occupa è nervosa, sciatta, insofferente e scostante, come la maggior parte della gente di qui. Ho scelto di rimanere nella stanza privata, ma quando vado nel soggiorno, non c’è nessuno, nemmeno la donna sciatta e sgarbata. Il prezzo, però, e la posizione sono abbastanza buoni, e non ho voglia di andare in giro a cercare delle alternative. A dire il vero, ho tentato di farlo, ma l’ostello che ho visitato era peggio di questo ed anche più costoso.

Percorro la Alexander Dondukov blvd sotto una pioggia grondante. Vorrei tanto trovare la vecchia chiesa di San Giorgio, ma non so esattamente dove si trovi. Chiedo informazioni ad un ragazzo che si sta riparando dalla pioggia sulla porta di un negozio, ma non sa dirmi altro se non che c’è una vecchia chiesa poco più sotto della scalinata, che sta lì accanto.

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La Sveti Giorgi e la zona archeologica accanto.

Ed è proprio quella che sto cercando: la “Sveti Giorgi”, la chiesa rotonda di San Giorgio. Accanto all’edificio c’è una vasta zona archeologica e vicino ad una parete esterna ci sono delle piccole tombe in pietra.

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La chiesa di San Giorgio, interno.

E’ una chiesa rotonda, ed è la più antica di Sofia. E’ stata costruita nel IV secolo dall’imperatore Costantino che soggiornò qui, nella vecchia  Serdika, per diverso tempo. Pare abbia anche detto: “Serdika è la mia Roma!” Dopo l’editto di Milano del 313, dove Costantino fu un grande promotore della religione cristiana, intesa come simbolo del romano impero, la rotonda viene trasformata in battistero, per la grande conversione della popolazione al cristianesimo.

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La chiesa di San Giorgio: altare.

Nel VI secolo, durante l’impero di Justiniano, la rotonda viene trasformata da battistero in chiesa e le viene dato il nome di San Giorgio, un martire cristiano, perseguitato e torturato in Asia minore, nel 3° secolo. Durante il regno del sultano Salim I, nel XVI secolo, la chiesa è stata trasformata in moschea e le viene dato il nome di “Gyul-Djamasy”. Nel 1915 la moschea viene saccheggiata, il minareto distrutto e i preziosi affreschi medioevali ricoperti di intonaco. La chiesa è stata restaurata con il finanziamento dell’Unione Europea, tra il 1997 e il 1999.

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Sofia, 9 aprile 2019. La zona pedonale del centro storico.

Dalla chiesa di San Giorgio mi sposto, sotto una pioggia torrenziale, lungo la vasta zona pedonale che sta nel centro storico. Fa freddo e sono affamata. Cerco un posto accogliente, dove star tranquilla per un po’ di tempo e scaldarmi, oltre che pranzare, spendendo poco. Non trovo però delle alternative al posto di ieri. I numerosi ristoranti che stanno nella zona, hanno le sale da pranzo racchiuse dentro delle vetrate e dentro non c’è quasi nessuno. Così torno là, dove ci sono le ragazze in minigonna rosse e le immagini video che scorrono accompagnate dal sottofondo musicale. Piove ancora, a dirotto! Esco dal ristorante e vado al mercato coperto a comprare qualcosa per cena e me ne torno in ostello. Con questo diluvio, non ho alternative. Riprenderò a leggere “Guerra e pace” che è da quasi un mese che non lo guardo. Quando esco dal mercato, però, ha smesso di piovere, quasi completamente.

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Mercatino nel parco accanto all’Alexander Newski Church.

Passo davanti agli edifici che ho già visitato: la moschea Banya Bashi, la cattedrale Hagia Nedelja, la chiesetta di San Nicola e vado nella direzione della Alexander Newski Church che sta nei pressi dell’ostello. Passo all’interno del parco dove domenica c’era il mercatino dell’antiquariato.

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Bancarella con vecchi distintivi e medaglie.

Oggi, anche se piove, ci sono delle esposizioni di quadri, coperti da dei nylon, ma c’è anche una bancarella con dei distintivi dei periodi delle guerre e dei vari regimi, orologi e altri vecchi oggetti. Mi guardo intorno e mi avvicino ad un edificio di mattoni, molto grande e imponente.

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La chiesa di Santa Sofia.

E’ la chiesa di Santa Sofia, la “Sveta Sofija” fatta erigere dall’imperatore Justiniano nel VI secolo, nel sito di due precedenti chiese, costruite nel IV e V secolo.

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Visitatori all’interno di Santa Sofia.

Questo, è uno dei monumenti più importanti della penisola balcanica, un raro esempio di architettura che mette insieme la cultura dell’occidente e quella dell’oriente.

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Santa Sofia: interno.

Ha tre navate: quella centrale è molto ampia ed ha una grande cupola ed un soffitto a botte, in mattoni. Anche le colonne sono in mattoni con sopra degli archi dello stesso materiale.

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Santa Sofia, interno.

Al tempo della dominazione turca, anche questa chiesa è stata trasformata in moschea e, in seguito, è stata utilizzata come magazzino di deposito per i pompieri.

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Santa Sofia: l’altare.

Durante i terremoti del 1818 e del 1858 ha subito dei grossi danni. E’ stata restaurata verso il 1910 e riconsacrata nel 1930. All’interno sono visibili degli scavi con i resti delle precedenti costruzioni.