Shiraz, Persepoli, Shiraz, 13 marzo 2019

Approfitto del prezzo ribassato dall’hotel per fare un giro organizzato, nella mattinata, a Persepoli. Il gruppo di turisti, composto da una decina di persone, è seguito da tre giovani donne, due delle quali tirocinanti. Nel gruppo ci sono soltanto altri due europei: la moglie francese di un iraniano e un uomo irlandese, più o meno, della mia età.

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Persepoli, 13 marzo 2019. Panorama di colonne e incisioni dettagliate, in primo piano.

Il paesaggio verso Persepoli si presenta contornato da montagne con rocce, apparentemente friabili e non molto alte. Gli edifici, che si vedono ai bordi della strada, sono per lo più di colore bianco e i tetti tutti piani, a terrazza. Su, in alto, sulla copertura, ci sono delle cisterne per l’acqua o per il combustibile. La strada è larghissima, a doppia corsia e il traffico è ordinato e scorrevole. Qui, si guida a destra e il volante sta a sinistra, come in Italia.

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Persepoli, 13 marzo 2019. Colonne, portali, bassorilievi di pietra.

Appena fuori Shiraz si apre un parco naturale protetto che, seppur ancora vasto, negli anni è stato più che dimezzato. Più avanti, nei campi, iniziano le zone coltivate a grano e, probabilmente, a soia. Il clima di Shiraz è favorevole per l’agricoltura mi dice qualcuno e, recentemente, si è sviluppata anche la coltivazione di un tipo d’uva molto dolce. Ogni tanto, lungo i terreni sassosi che fiancheggiano la strada si vedono dei greggi di pecore che i contadini allevano per lo più per la carne.

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Persepoli, Iran, 13 marzo 2019. Il leone che prende il toro come in un abbraccio. Bassorilievo.

Arriviamo a Persepoli, a visitare quello che è rimasto del grande impero persiano degli Archemenidi. La città è tutta in pietra, ed è stata costruita da Dario I (il Grande), nel 520 a. C. e ampliata nei 150 anni successivi. La grandiosa Persepoli venne saccheggiata e distrutta dall’esercito di Alessandro Magno, re di Macedonia, nel 334-330 a.C.

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Persepoli, 13 marzo 2019. I doni per il re. Bassorilievo.

Così, con questa distruzione termina anche il potente impero degli Achemenidi. Il sito presenta intatte alcune parti, tra cui le scalinate monumentali costruite con dei gradini bassissimi, per consentire agli eleganti persiani di salire, scendere e muoversi in modo agevole con i loro lunghi e sfarzosi abiti.

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Parte inferiore del bassorilievo dei doni per il re da parte del popolo.

Si vedono ancora i numerosi, grandi portali, le enormi colonne, i raffinati bassorilievi che, più delle architetture, descrivono le scene della vita di corte. Tra questi ultimi, le rappresentazioni con le visite delle delegazioni estere al sovrano sono di particolare rilevanza.

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Naqsh-e Rostam, 13 marzo 2019. Le tombe rupestri.

Poco lontano da Persepoli, a Naqsh-e Rostam ci sono le quattro tombe scavate nella parete rocciosa della montagna e attribuite, guardandole da sinistra, a Dario II, ad Artaserse, a Dario I e a Serse I. Sotto le tombe compaiono dei bassorilievi con scene di conquiste e cerimonie imperiali.

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Naqsh-e Rostam, bassorilievo scavato nella roccia sotto una delle quattro tombe rupestri.

Mentre il resto del gruppo prosegue il tour per visitare dei bassorilievi in un luogo poco distante e fermarsi a pranzo in un ristorante, io torno all’hotel come avevo concordato. Percorro il tratto di strada in taxi, con un giovane autista che mi parla dei problemi politici sorti con l’Iraq trentotto anni fa e delle battaglie difensive che hanno causato numerose vittime per otto lunghi anni. Il ragazzo mi parla degli appoggi che gli USA hanno fornito all’Iraq, mentre l’Iran ha potuto contare soltanto su un piccolo sostegno da parte della Cina, del Giappone e della Russia. Lungo la strada mi mostra le foto dei martiri, appese in alto lungo tutta la via principale, alle porte di Shiraz.

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Giovane e anziana all’ingresso della moschea accanto al Niayesh Boutique hotel, sulla Sang e Sian road.

Nel tardo pomeriggio esco per ripercorrere la strada intrapresa ieri pomeriggio, quella che porta nella zona pedonale della città, dove si trovano i mercati e la grande moschea. Di moschee qui a Shiraz ce ne sono diverse e ce n’è una proprio accanto al mio hotel, e vicinissima alla Sang e Sian road.

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Incontro nella moschea accanto all’hotel

Sono le 17:00 circa e tutt’intorno c’è un via vai di donne, quasi tutte vestite di nero, con il classico burqa. Soltanto qualcuna porta un fazzoletto colorato in testa o un abito scuro, di diverso colore. Molte di loro sono sedute fuori, altre sono già all’interno, accovacciate sul pavimento, in riga o in cerchio, nelle varie stanze.

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Donne nella moschea vicino all’hotel.

Entro: un bambino di circa otto anni mi fa segno, agitando uno spolverino, che non si possono scattare fotografie. Qualche donna si nasconde per non farsi fotografare, ma poi ci ripensa. Altre, si mettono in posa e vogliono, poi, vedere le loro immagini dal mio cellulare. Mentre mi sto muovendo tra i saloni, qualcuna di loro mi getta un mantello bianco, il chador, che mi copre dalla testa ai piedi. Il mantello, mi scivola da tutte le parti, non riesco a scattare le foto e tenere stretto il mantello, contemporaneamente. Arriva una ragazzina sorridente che me lo annoda sul davanti, proprio sotto il mento.

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Con lo shador.

Proseguo il mio cammino verso il centro, tra donne in burqa che entrano ed escono dai negozi e uomini vestiti all’occidentale, in modo casual, che passeggiano per le strade. La zona è piena di negozi con merce appesa ed esposta anche all’esterno. Oreficerie, abbigliamento, borse, casalinghi, scarpe, tappeti, bigiotteria, fast-food, dolciumi, frutta secca e molti altri articoli fiancheggiano la via principale e proseguono nella zona pedonale e oltre. Mi fermo a guardare il portale della grande moschea, la Moschea del Vakil. Le preziose decorazioni in maiolica e la fastosità dell’edificio m’incuriosiscono.

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L’esterno della Moschea Vakil.

Mi affaccio all’entrata e vengo subito perquisita e coperta da un altro chador, questa volta fiorato. Immediatamente dopo, arriva una ragazza con una fascia a tracolla con la scritta “International Affairs” che mi farà da guida nei vastissimi spazi della moschea. Lei, ha con sè un’altro chador, quello ufficiale e me lo fa indossare. L’edificio è molto grande, con decorazioni floreali e arabesche, rivestimenti in oro, cristallo, onice, piastrelle e marmi che coprono ogni spazio, sia esterno che interno.

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Un porticato della Moschea Vakil.

Sui pavimenti abbondano, ovunque, dei grandissimi tappeti persiani che coprono i marmi sia delle varie stanze che dei porticati. In alcune stanze ci sono le tombe dei martiri e un grande salone è dedicato all’aiatolà Khomeini. In mezzo a questo grande susseguirsi di stanze c’è una vasta piazza con delle panchine e degli angoli che favoriscono le relazioni tra le persone.

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Sera del 13 marzo 2019 nella piazza interna alla Mosche Vakil.

La moschea rimane sempre aperta, a tutte le ore del giorno e della notte e chiunque può entrare per pregare, leggere, meditare, incontrare persone. L’atmosfera che si respira in questa moschea, in particolare, è familiare: di accoglienza e tranquillità. Esco dalla Moschea del Vakil e scrivo velocissima degli appunti su un quaderno. Vengo attorniata da uomini, donne e bambini che si fermano a guardare e a cercare di capire che cosa sto scrivendo o facendo.

Shiraz (Iran), 12 marzo 2019

Che fortuna, arrivare a Shiraz e trovare all’areoporto una ragazza italiana che è arrivata qui per suonare. I suoi amici vengono a prenderla in auto e danno un passaggio anche a me, fino all’hotel. L’albergo, si trova all’interno di un antico gruppo di edifici con delle stradine strettissime racchiuse tra due muraglie. Chissà se riuscirò ad orientarmi. La mia camera è dislocata rispetto all’hotel, in un edificio raggiungibile con un percorso ancora più complesso e allo stesso tempo anonimo, con il giardino interno e dei tavoloni, ricoperti da tappeti, disposti sotto i portici. Esco e vado a camminare verso la parte più animata della città. C’è una grande moschea che guardo soltanto dall’esterno, per oggi.

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Ingresso del Bazar Vakil a Shiraz. 12 marzo 2019.

Lì vicino c’è il bazar che si apre su due versanti, l’uno di fronte all’altro, In una larga strada pedonale. Qui, ci sono molte donne, anche giovani, avvolte nei loro burqa neri, sedute sulle pietre, che vendono delle mercerie.

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Shiraz, zona pedonale del Bazar Vakil.

Le donne sono quasi tutte vestite allo stesso modo, alcune coperte fin sulla fronte e con una fascia, sempre nera, intorno alla bocca. Molte giovani, però, vestono all’occidentale, coprendo comunque tutto il corpo e portando sempre delle sciarpe o dei foular sul capo.

Shiraz, Iran, 12 marzo 2019. Venditrice all'ingresso del bazar.

Shiraz, 12 marzo 2019. Venditrice di mercerie.

Le donne che indossano il burqa sono comunque tante e, verso sera, nella zona dei negozi, dei mercati e delle moschee, in particolare, si delineano queste figure che paiono degli spettri, pur sempre sorridenti.

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Shiraz, 12 marzo 2019. L’ora del tramonto nella Piazza Vakil.

Sta calando la sera e mi sono un po’ disorientata. Chiedo a destra e a manca dove si trova l’hotel Niayesh , in che direzione andare e mi sembra un miracolo quando lo ritrovo.

Partenza da Varanasi (India), verso Shiraz (Iran), 11 marzo 2019

Esco dalla guest house e mi fermo ad ammirare l’incrocio tra due gali per decidere quale direzione prendere. Oggi pomeriggio parto per l’Iran e mi sento molto rattristata a lasciare questa città. Decido di andare subito verso i ghat.  Faccio un giro sotto le colonne che sostengono il piazzale che sta poco dopo il Dashashwamedh ghat per salutare il mio amico baba dei tamburelli. Lui è lì, con solo un perizoma addosso. Sta bene ed è perfettamente guarito dai problemi intestinali, senza prendere alcuna medicina.

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 Shiva Raj Giri Naga Baba.

Il baba mi chiede di andare a vivere con lui, sulle montagne di Haridwar, nell’Uttarakhanda, perchè attraverso i suoi massaggi e la meditazione, raggiungerei  la totale felicità.

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Con il baba Shiva Raj Giri.

Passo a salutare anche il giovane sacerdote del palchetto del Dashashwamedh ghat. Lui mi canta una lunga canzone di buon augurio che contraccambio con le mani giunte sulle sue.

Poco più giù, su un altro palco sta il sacerdote: quello che fa un po’ il manager. Lo definisco così perchè più che celebrare le puje, preferisce distribuire il lavoro ad altri preti, gestendo lui la parte economica. Saluto anche lui, in modo formale però, ma ci scambiamo l’amicizia su facebook.

Nel pomeriggio, lascio gli zaini, pronti per la partenza, in camera e faccio un salto a salutare Sonu, il mio amico barcaiolo. E’ impegnato su una barca lì sul molo e ci salutiamo da lontano agitando le braccia. Quando ci rivedremo, Sonu sarà sposato e forse avrà già un figlio, dal momento che il suo matrimonio verrà celebrato il prossimo luglio. E io, chissà quando tornerò!

All’uscita dalla guest house carica di zaini, incontro un ragazzo israeliano che si offre di accompagnarmi fino alla Main road, da dove prenderò un auto risciò per l’areoporto. Contratto il prezzo: 400 rupje, circa 5 euro. Il ragazzo del risciò corre velocissimo, frena improvvisamente e lo zaino si ribalta su di me. Lui non si preoccupa, continua a correre, a rasentare ciclisti, moto, auto e pedoni. Questa corsa, sembra non finire mai! Dopo un’ora  di strada, ecco apparire una zona illuminata: è l’aeroporto, finalmente! E qui, iniziano i controlli minuziosi, gli screening a zaino, zainetto e borse. Non mi ricordavo di aver trovato un accendino e di averlo tenuto come riserva per accendere le spirali per le zanzare. Le spirali le ho lasciate nella guest house, mentre l’accendino è rimasto chissà dove. Devo trovarlo: allo screening l’hanno individuato ed è tra le cose che non si possono portare. Infilo una mano dentro lo zaino grande, ma non ho idea di dove possa essere. I militari sono gentilissimi, mi dicono che sta vicino all’ombrello, in una tasca, ma io non lo trovo e loro non demordono. Non posso far altro che svuotare lo zaino. Cerco, tasto, ritasto, rovescio i calzini, apro scatolette e bustine: niente. Poi, tasto una busta di stoffa con degli occhiali da sole mai usati, ed eccolo lì! Ora, rimetto tutta la roba nello zaino, in fretta e furia, pressandola alla belle meglio per farla stare tutta, di nuovo! E al ceck-in lo zaino grande, finalmente parte. Prima di salire sull’aereo, altro controllo e perquisizione ed eccomi finalmente a Delhi. Con un ritardo di circa un ora, parto per Sharjah. Mentre attendo l’aereo per  Shiraz, una donna ucraina della mia età mi riconosce e mi chiama. Ci siamo incontrate a Puri, nell’Orissa, qualche tempo fa. Lei appartiene alla religione “Hari Krishna” e per guadagnarsi da vivere insegna yoga e fa massaggi, sia in India che in Ucraina.