Varanasi, 10 marzo 2019

Questa mattina, appena passato il Kedar ghat, c’è il cadavere di un uomo di mezza età, con le gambe immerse nell’acqua del fiume, vestito con una camicia azzurra e dei jeans. Le sue braccia sono sollevate verso l’alto. Un sadhu mi vede impressionata dalla scena e mi dice che il cadavere è stato trascinato qui dalla corrente. “Don’t worry, be happy! It’s the life!” aggiunge, sorridendo.

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Passando per il Kedar ghat.

All’Harishchandra ghat c’è una pira che brucia dentro la gabbia di ferro: si vedono ancora la testa ed un braccio del cadavere. Che inizio di giornata! Arrivo fino all’Assi ghat. Il guru intellettuale, che vive sotto l’albero sacro, sta riposando. Dopo un po’, lo vedo scendere e, aiutato da un bastone, dirigersi, forse, verso una toilette, perchè torna quasi subito al suo posto. Mi sembra così malandato, magrissimo e zoppicante, anche se ha la mente lucidissima. Lo raggiungo un attimo per dirgli che forse sarebbe meglio se andasse ad abitare in una stanza, alla sua età. Lui mi risponde in modo asciutto: “Never”! E scappa via. Morirà lì, nel sonno, meno di un ese dopo. Apprenderò la notizia attraverso facebook.

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Puja di ringraziamento al Kedar ghat.

Torno a sedermi sotto la loggia con il focolare al centro, come l’altro ieri. Qui, oggi, stanno celebrando la “Katha” una puja di ringraziamento a Lord Krishna. C’è un sacerdote che conduce il rituale, tante donne e soltanto un uomo che lo seguono, un po’ distrattamente. Sono tutti di Varanasi. Il sacerdote legge le preghiere da un libro, ogni tanto soffia con una grossa conchiglia emettendo un suono simile ad una specie di lamento.

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Il momento del canto durante la puja del Kedar ghat.

Al centro, accanto al focolare, ci sono delle borse piene di uva, banane, mele e mandarini. Nei piatti c’è del riso, dello yogurth e dei dolcetti bianchi. Alla fine, dopo diverso tempo, il sacerdote accende il fuoco nel focolare e le donne si alzano e intonano un canto. Mi metto a leggere. Sono così concentrata sull’episodio che descrive le strategie ipotizzate da Napoleone per la presa di Mosca che ho un sussulto quando vedo un ragazzo porgermi una ciotola di yoguth con dei dolcetti dentro. Poi, arriva una donna con un sari rosso e mi porta la “Prasada, il cibo santificato”, un sacchetto con della frutta e dei dolci.

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La distribuzione del cibo santificato al termine della puja.

Verso le 13 e 30 le donne tolgono tutta l’apparecchiatura servita per la puja e la racchiudono dentro dei fagotti e delle borse. Lasciano tutto lì e vanno a fare il bagno nel fiume.

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La Prasada.

Torno dal guru o sadhu o baba dell’albero sacro: ora sta seduto con un foulard rosso avvolto intorno al capo. Provo a chiedergli quale è stato il motivo che, da uomo così importante com’era, ha deciso di abbandonare tutto e di vivere in questo modo. Mi risponde che era stanco di un mondo che ruotava soltanto intorno al denaro.

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Il sadhu dell’Assi ghat.

Accanto a lui stanno seduti: un giovane indiano e un ragazzino di 10-11 anni. Il bambino mi racconta che non ha i genitori, non è mai andato a scuola e trascorre molto tempo con questo baba che lo coccola e gli fa dei regalini. Anche qui, nel gruppetto, come tra gli altri sadhu delle tende, compare subito la pipa di terracotta per fumare chissà che cosa. La pipa fa fatica ad accendersi nonostante le lunghe tirate del giovanotto e del guru. La prende in mano il ragazzino che ne aspira con forza il fumo e ne emette un gran nuvolone. Io lo guardo meravigliata e gli dico che è ancora piccolo per queste cose.

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La pipa.

Tornando indietro, verso la guest house, rimango sul lungo fiume. Al Bhadaini ghat c’è una famiglia di Mombay e un sacerdote che stanno celebrando una puja per gli antenati. E’ una cerimonia molto diversa da quelle che ho visto fino ad ora. L’eccezionalità, per me, sta nell’uso di numerose ciotoline di terracotta, forse, al posto delle palline degli antenati. La ragazza, che in disparte sta seguendo la cerimonia, mi conferma che, le puje, sono molto diverse tra loro, nelle modalità di esecuzione.

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Puja per gli antenati al Bhadaini ghat.

Sono da poco passate le 15:00 e attraversando le tendopoli si vedono i sadhu dormire o riposare distesi all’interno dei loro giacigli. Il lungo fiume, in particolare all’altezza del Shivala ghat, invece, è pieno di indiani che stanno facendo il bagno insieme a molti bambini, tutti maschi.

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Dal barbiere sui ghat.

Prima di rientrare in guest house mi fermo dal barbiere del Rana ghat per farmi tagliare i capelli. Ho già concordato il prezzo: 100 rupie, poco più di un euro.

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Dal barbiere del Rana ghat.

La sera, faccio un giro nella zona interna del Kedar ghat per comprare della frutta e dello yoghurt per la cena. Dove c’è una piccola piazzuola e un incrocio di gali, incontro diverse donne di Hiderabad, alcune con il fazzoletto stretto intorno al capo rasato da poco.

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Sera nella piazzetta interna al Kedar ghat con le donne di Hiderabad.

E’ un rituale che compiono molte donne del Sud, durante il pellegrinaggio a Varanasi. I capelli più lunghi, li portano al Vishwanath Temple, mentre quelli più corti li donano al Gange. I capelli più belli verrano poi venduti e utilizzati per confezionare delle preziose parrucche.

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