Istanbul (Turchia), 5 aprile 2019

Piazza Sultanhamet.ok La colonna

Sultanhamet e la Colonna Egizia.

Oggi, ho cambiato dormitorio: da quello misto che sta in un semi interrato sono passata a quello femminile, al secondo piano. Questo è molto più grande ed ha sei letti, mentre quello misto era più piccolo e ne aveva quattro. E’ molto più accogliente ed elegante, ma stavo bene anche nell’altro, con quei simpatici ragazzi. Qui, le ragazze sono quattro e un letto è libero. Ci sono: una russa, una cinese di Pechino, una canadese e una nigeriana.

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La Torre di Costantino.

Esco nella tarda mattinata dall’ostello e ritorno nella piazza di Sultanhamet. Attraverso il grande parco e mi siedo lì a guardare la gente. Le panchine, in cemento, sono state rivestite, sui sedili, con dei listelli di legno, probabilmente per isolarle sia dal freddo invernale che dal calore estivo. C’è molta gente seduta qui: alcuni stanno chiacchierando tra loro, altri stanno semplicemente oziando. E’ una bellissima giornata di sole e la temperatura è più calda di ieri, finalmente. E’ già mezzogiorno: sono le voci dei muezzin che lo annunciano. Arrivano fin qui dalle varie moschee: ce ne sono almeno due che si sovrappongono, ma in modo diverso e piacevole. Mi guardo intorno: il parco è accogliente con i resti di antiche mura recintati e molte viole e tulipani in fiore.

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Incontri.

Le persone vivono con spontaneità questi spazi all’aperto e paiono abituate a frequentarli. Mi è capitato diverse volte di incontrare luoghi simili a questo, con aree pedonali e gardini pubblici, e mi viene sempre spontaneo di pensare alla mia città, a come potrebbe migliorare se avesse dei luoghi simili. Udine, la città dove abito, conta circa 100 mila abitanti. Ha un grazioso centro storico di origine medioevale, ma non ci sono luoghi pubblici dove sedersi in libertà e nemmeno posti accoglienti e curati dove poter sostare. Il centro della città non ha una dimensione umana e relazionale spontanea, libera da interessi commerciali ed economici.

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Beyazit square.

Nella piazza di Sultanhamet, poco dopo il parco, sta la Colonna di Costantino, risalente al 330 a.D. E’ alta 57 metri ed è stata trasportata qui, a Istanbul, dal Tempio di Apollo di Roma. La piazza, che sta su uno dei 7 colli, voluti dall’imperatore romano Costantino I, dopo l’arrivo della colonna, aveva assunto il nome di “Forum di Costantino”. La colonna ha un diametro di 3 metri e, in origine, aveva sulla cima, la scultura del dio Apollo rappresentato mentre salutava il sole. In seguito, la statua, è stata sostituita con quella di Costantino, dopo la sua proclamazione a imperatore di Costantinopoli. Poi, nel tardo periodo bizantino, la statua è stata sostituita, ancora, con quella di Julianus e, poi, con quella di Theodosius. La colonna, più volte distrutta, è stata ricostruita per la prima volta nel 1470, da Selian I. Nel periodo ottomano è rimasta danneggiata da un incendio e nel XVII secolo è stata rinforzata con dei solidi anelli d’acciaio e dopo questo intervento ha preso il nome di “Colonna con anelli”. Anche qui, in questa piazza, c’è parecchia gente seduta sulle panchine. Sono le 13:00 e stanno arrivando di nuovo le voci dei muezzin: l’una dalla Moschea Nuova che sta di fronte a me e l’altra dalla Noruosmanye Cami, alla mia sinistra. Più avanti, sulla Yenicertler Caddesi c’è un’altra moschea, la Cali Pasha Moschea, costruita in pietra nel 1593, in stile classico ottomano.

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Preghiera nel cortile della moschea Cali Pasha.

Qui, nel cortile, ci sono un’infinità di uomini, seduti, ognuno sul proprio tappetino: stanno ascoltando la voce dell’Iman che arriva dall’interno della moschea. Le persone sedute sulla cancellata e fuori, sul marciapiede della strada, hanno lo spazio per alzarsi, inginocchiarsi, piegarsi ed alzarsi di nuovo, seguendo le parole dell’Iman. Gli altri, quelli dentro l’affollato cortile, rimangono seduti, fermi, l’uno attaccato all’altro, per mancanza di spazio.

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La tomba di Sinan Pasha e il cimitero intorno.

Poco più avanti, c’è un tempietto con la tomba di Sinan Pasha e nel cortile intorno ci sono altre tombe in pietra. Entro lì, attraverso un portone cigolante e giro intorno al porticato. Un insegnante di 34 anni, originario di Aleppo, in Siria, mi dice che quella che sto visitando è una scuola islamica.

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La scuola islamica.

Lui, qui, insegna arabo, ma è laureato in lingua inglese. Ci sediamo insieme ad uno dei tanti tavoli di legno del cortile. Si avvicina a noi un turco di 35 anni, di Agri, nell’Est della Turchia. Abita a Istanbul e  fa l’interprete di arabo e turco per i commercianti. E’ laureato in biologia e ora sta frequentando un corso d’inglese in una scuola privata. Un’ altra persona che lavora e vive lì, nella scuola, come l’insegnante di arabo, compare per portarci del cjai e poi scompare. Viene a sedersi al nostro tavolo, invece, un anziano Iman, ora in pensione. Ha 89 anni e legge ancora senza usare gli occhiali. Quando si alza per andare via, mi saluta stringendomi la mano. L’insegnante mi regala un libretto scritto in italiano che sintetizza, in modo molto chiaro e convincente, i valori di riferimento dell’islam. Lui, mi chiede di leggere una piccola parte del primo capitolo del libro e io l’accontento. Devo proprio ammettere che il testo è scritto molto, molto bene. Il linguaggio è semplice e molto comunicativo. L’insegnante è soddisfatto della mia lettura e del mio apprezzamento e mi riprende con il video del suo cellulare. Lascio il gruppetto islamico e raggiungo la Beyazit square. Poco più là c’è un’altra importante moschea, la Suleymaniye Camii che ho visitato senz’altro molti anni fa.

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Il Gran Bazar.

Qui accanto c’è una delle entrate al Gran Bazar, quella che riporta la scritta Kapali Carsi, 1461 e Beyazit Kapisi. Passo un altro screening e riguardo i soffitti con le cupolette, i disegni blu, le piccole logge che ogni tanto appaiono e le fontanelle basse, allineate, anche loro rivestite con le piastrelle blu.

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Gran Bazar.

Esco ad Eminonu, nella mia piazza preferita. Compro dei filamenti di formaggio fresco, delle olive condite, degli arachidi e oggi pranzo qui, seduta su una di queste panchine.

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Il mercato di Eminonu.

Poi, salgo sul ponte di Galata e lo attraverso. Ogni tanto, mi fermo ad osservare il paziente lavoro di attesa dei numerosi pescatori che stanno sistemando le loro canne sul parapetto di ferro del ponte. Accanto ad ognuno di loro, in diversi secchi ci sono i pesci pescati, alcuni ancora vivi.

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Eminonu.

Salgo su un pendio e arrivo alla Torre di Galata, una delle più antiche del mondo.

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La Torre di Galata.

Costruita dall’imperatore bizantino Anastasius nel VI secolo, distrutta durante la quarta crociata, è stata ricostruita nel 1204 con il nome di “Torre di Gesù”. Ridiscendo la collina della torre e riattraverso il Ponte di Galata guardando le moschee di fronte, illuminate dagli ultimi raggi di sole e il via vai di navi che percorrono questo tratto di mare.

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Pescatori sul Ponte di Galata.

Passo tra i pescatori, ora ancora più numerosi, con le loro lunghe canne, le loro attrezzature e la loro passione. Torno a Sultanhamet attraverso il Gran Bazar, il mio punto di riferimento per raggiungere l’ostello. Sono le 19 e 30 e il mercato sta chiudendo. In pochi minuti i venditori ritirano la merce esposta sulla via e chiudono le serrande. Il paesaggio si svuota rapidamente: la gente se ne va, le luci colorate si spengono, le merci esposte e le bancarelle scompaiono. E’ buio ormai e l’aria si è fatta gelida. Ridiscendo rapidamente la collina di Sultanhamet e raggiungo l’ostello, accompagnata dal canto della sera della Moschea Blu.

Istanbul (Turchia), 4 aprile 2019

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Santa Sofia, 4 aprile 2019. La fila per entrare.

Salgo lungo la riva che porta alla piazza di Sultanahmet, dove stanno la Moschea Blu e Santa Sofia, l’antica chiesa divenuta moschea dopo la caduta di Costantinopoli e ora adibita a museo.

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Istanbul, Santa Sofia, 4 aprile 2019. Il portale.

Santa Sofia, l’ho già visitata, parecchi anni fa, ma credo che di allora mi sia rimasta soltanto la piacevole sensazione di aver ammirato una costruzione stupenda. Allora, l’ingresso costava molto poco: ora il biglietto costa 60 lire turche, pari a 10,00 euro. Le file per entrare sono lunghissime anche oggi, come tutti i giorni.

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Porta in bronzo del II secolo A. C., trasportata a Santa Sofia nel IX secolo.

Gruppi di visitatori dall’Indonesia, dalla Cina, dall’Iran, dal Messico, dalla Francia, dalla Germania, dall’Italia e da ogni parte del mondo, seguono l’ombrello colorato o le bandierine che le guide tengono sollevati per rassicurarli. La maggior parte dei visitatori viaggia con dei gruppi organizzati, ma c’è anche qualcuno che viaggia da solo: questi, sono per lo più giovani. Tra questi solitari, ci sono i tre ragazzi che dormono in camera con me. Uno di loro è di Pechino, ha 26 anni ed è laureato in lingua tedesca. Attualmente lavora per la Wolkswagen. Un altro è brasiliano, ha 31 anni e fa il promotore pubblicitario per personaggi famosi. L’ultimo dei tre, è messicano, di Città del Messico. Tutti questi ragazzi hanno visitato la Cappadocia prima di arrivare a Istanbul, anche se là faceva freddo e  spesso nevicava intensamente. Per fortuna, a Istanbul, in questi giorni splende il sole, anche se la temperatura, in particolare dopo il tramonto, si raffredda rapidamente.

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Santa Sofia, interno.

Oggi, a Santa Sofia ci sono numerose scolaresche in visita d’istruzione. Bambini e bambine delle scuole primarie, con lo zainetto colorato sulle spalle, seguono le loro insegnanti con il velo sul capo, attraverso un percorso privilegiato per loro.

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Santa Sofia, la salita al primo piano.

Dal portale dell’edificio si sale in una specie di tunnel di mattoni e con il pavimento in pietra grezza.. Al primo piano, alzando lo sguardo, si vedono diverse cupole e semi-cupole sostenute da file di colonne tonde che formano delle logge. Qui, il pavimento è in marmo bianco. Su un lato dell’edificio, il soffitto è a volta con riportati dei disegni di figure quadrate ruotate. Anche la parte inferiore della parete qui è in marmo.

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Santa Sofia, vista dal primo piano.

Sul perimetro esterno si aprono dei finestroni con la parte alta a forma di arco e i vetri racchiusi in tanti piccoli telai quadrati. Il porticato e le logge sono collegati tra loro attraverso delle aperture sostenute da delle colonne con sopra degli archi. La grande cupola, che si apre nella parte centrale dell’edificio, è incantevole! E’ contornata da finestrelle che si aprono intorno alla sua circonferenza e alle semi-cupole sottostanti, che gradualmente diventano più piccole, fino a trasformarsi in finestre soltanto, dai vetri colorati.

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Santa Sofia, 4 aprile 2019. Scolaresche n visita.

In diverse zone dell’edificio sono presenti delle impalcature e in altre, delle parti coperte da teli per dei lavori di restauro. Il porticato con la loggia, ad un certo punto, curva verso destra e prosegue con dei colonnati e dei soffitti a volta con dei disegni colorati di blu e azzurro su uno sfondo giallo. In fondo a quest’ultima loggia spiccano i mosaici bizantini della Madonna con il bambino in braccio, risalente al XII secolo e quello di Cristo sul trono, appartenente all’XI secolo. Prima di questi, c’è un altro bellissimo mosaico, molto danneggiato, del XIII secolo, che rappresenta il Cristo in mezzo a San Giovanni Battista e alla Madonna.

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Santa Sofia, 4 aprile 2019. Finestre e Madonna con bambino.

La parte dell’edificio che sta al piano terra ha il pavimento in marmo e intorno al perimetro si aprono numerose logge, diversi colonnati e un’infinità di soffitti a cupola con lampadari che arrivano quasi a toccare il pavimento. La luce che filtra dalle finestre, poste ad altezze diverse, crea un’atmosfera di mistero e surreale. Sono soltanto le voci dei bambini delle numerose scolaresche che riportano, questa sensazione di sogno, ad una dimensione più reale.

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Mosaico del XIII secolo raffigurante il Cristo con la Madonna e Giovanni Battista.

E’ molto strano come ricordassi soltanto il piacere provato anni fa nel visitare questo edificio, ma non ne ricordassi i minimi dettagli. E’ stato come vederla per la prima volta!

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Santa Sofia, loggia al primo piano.

Esco da Santa Sofia e pecorro la grande Divanyolu Caddesi, una strada piena di ristoranti, pasticcerie, gelaterie, banche e uffici di cambio. Ritrovo la moschea “Nur-U Osmadij” del Nuruosmaniye social complex che ho visitato l’altro giorno ed entro nel grande parco che arriva fino al portale d’ingresso del Gran Bazar.

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Istanbul, 4 aprile 2019. Gran bazar.

Da lì, assaggiando i vari dolci e la frutta secca che i negozianti offrono ai visitatori per attirarli nelle vendite, arrivo nel piazzale di Eminonu. Sono le 17 e 30 e qui c’è ancora moltissima gente che fa acquisti o sta seduta sulle panchine a chiacchierare.

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Gran Bazar di Istanbul.

Oltre ai negozi di formaggi, pesce, frutta secca, olive e ai carretti che vendono pane dolce e caldarroste c’è un uomo che gira tra la gente con numerose bandiere della Turchia, di misure diverse, tra le braccia.

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La piazza di Eminonu verso l’ora del tramonto.

Riesce a venderne qualcuna, qua e là, alla gente che se ne sta andando via.

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Il mercato di Eminonu.

Mentre il sole sta calando, attraverso di nuovo, ma per stradine diverse, il Gran Bazar, raggiungo la piazza di Sultanahmet e mi avvio verso l’ostello.

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Istanbul (Turchia), 3 aprile 2019

Ieri è morto il baba dell’Assi ghat di Varanasi. Qualcuno dei suoi amici ha postato l’annuncio su Facebook con la foto di come è stato trovato: pareva dormisse, sotto il suo albero sacro. Addio Amrit Netra: uomo di grande cultura e coraggio.

Baba Amrit Netra Assi Ghat 3 aprile 19

Il baba Amrit Netra, morto nel sonno, sotto l’ albero sacro dell’Assi ghat, in cui viveva.

Con la tristezza nel cuore pensando a quel grande personaggio di asceta, conosciuto meno di un mese fa, a Varanasi, inizio la mia giornata di Istanbul. Camminando lungo la costa del Mar di Marmara incontro le rovine del Bucoleon Palace, quello che resta di una costruzione iniziata tra il 408 e il 450 a.D., sotto l’impero di Theodosius II, e ampliata nell’era di Teofilus, tra l’829 e l’842, a. D. Le parti ancora visibili appartengono probabilmente a quest’ultimo periodo.

Le rovine del Bucoleon Palace,829-842, a. D.

Le rovine del Bucoleon Palace.

Cammino ancora per un lungo tratto per raggiungere la stazione ferroviaria di Sirkeci da dove parte ogni sera il treno per Sofia, in Bulgaria. Quando arrivo là, mi accorgo che avrei potuto accorciare di molto la distanza, tagliando in verticale il percorso, ma me ne sono resa conto soltanto dopo.

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La stazione ferroviaria di Sirkeci.

La stazione, difatti, si trova nei pressi del ponte di Galata, uno dei posti da me preferiti, qui ad Istanbul. Sono venuta qui, a Sinkeci o Sirkeci, per acquistare il biglietto per Sofia e partirò sabato notte, alle 22.40, da Alkali, un’altra stazione, collegata a Sirkeci con una navetta. L’arrivo a Sofia è previsto per il giorno dopo, verso le 9:30 di mattina. La stazione di Sirkeci è molto vecchia ed elegante: mi ricorda un po’ quella di Gemona, negli anni ’50. Qui, le vetrate sono colorate e le panchine sono in legno scuro e circolari.

La stazione ferroviaria di Sirkeci

La stazione di Sirkeci con le panchine rotonde.

Ci sono diversi tavolini, piccoli e squadrati, per il the, in più parti del salone, tutti con una tovaglietta appoggiata sopra e delle persone sedute intorno. Da Sirkeci o da Alkali, mi racconta il ragazzo della reception, partiva l’Orient Express fino ad una quindicina di anni fa. Era il treno che collegava Istanbul con l’Europa e arrivava fino a Parigi passando per Venezia o Trieste.

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Istanbul, mercato delle piante e delle sementi di Eminonu.

Accanto alla stazione ferroviaria c’è un vasto mercato di piante da giardino e da orto e anche diversi tipi di sementi sfuse e confezionate. Ci sono, pure, dei negozi che vendono cibo per gli animali. Lì accanto c’è anche la “Moschea Nuova” di Eminonu, grande e imponente.

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Preghiera delle donne nella Moschea Nuova di Eminonu.

L’avevo già ammirata in lontananza, perchè emerge da tutta questa zona ed anche dal di là del ponte di Galata. Oggi entro a visitarla: sull’entrata c’è un guardiano che controlla i visitatori. Il regolamento della moschea prevede che ci si tolga le scarpe prima di appoggiare i piedi sul tappeto e io vengo subito richiamata. All’interno c’è parecchia gente, sia uomini che donne assorti nelle loro preghiere. Le parti riservate alle donne, qui, sono due, separate dal grande salone degli uomini con delle grate in legno. La moschea è sostenuta da delle grandi colonne in pietra di forma circolare e da diverse altre a forma di parallelepipedo e rivestite di piastrelle blu.

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Eminonu, la Stazione degli autobus che sta accanto al ponte di Galata.

Sono circa le 15:00 e oggi pranzo nel piazzale del ponte di Galata dove ci sono i ristoranti affollati ed economici. Verso l’ora del tramonto, torno verso l’ostello attraverso il bazar che ha una delle entrate proprio qui, nella piazza di Eminonu.

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Ristoranti nella zona del ponte di Galata.

Arrivo con facilità a Sultahnamet dove le due grandi moschee, quella Blu e Santa Sofia, sono avvolte dalla luce rossastra del tramonto.

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Santa Sofia al tramonto.

I raggi del sole che filtrano, obliqui ormai, attraverso gli alberi spogli accentuano ancora di più il colore rosa dell’antica chiesa che assume un aspetto surreale, quasi fiabesco, a quest’ora.

la piazza di Sultanahmet