Sultanhamet e la Colonna Egizia.
Oggi, ho cambiato dormitorio: da quello misto che sta in un semi interrato sono passata a quello femminile, al secondo piano. Questo è molto più grande ed ha sei letti, mentre quello misto era più piccolo e ne aveva quattro. E’ molto più accogliente ed elegante, ma stavo bene anche nell’altro, con quei simpatici ragazzi. Qui, le ragazze sono quattro e un letto è libero. Ci sono: una russa, una cinese di Pechino, una canadese e una nigeriana.
La Torre di Costantino.
Esco nella tarda mattinata dall’ostello e ritorno nella piazza di Sultanhamet. Attraverso il grande parco e mi siedo lì a guardare la gente. Le panchine, in cemento, sono state rivestite, sui sedili, con dei listelli di legno, probabilmente per isolarle sia dal freddo invernale che dal calore estivo. C’è molta gente seduta qui: alcuni stanno chiacchierando tra loro, altri stanno semplicemente oziando. E’ una bellissima giornata di sole e la temperatura è più calda di ieri, finalmente. E’ già mezzogiorno: sono le voci dei muezzin che lo annunciano. Arrivano fin qui dalle varie moschee: ce ne sono almeno due che si sovrappongono, ma in modo diverso e piacevole. Mi guardo intorno: il parco è accogliente con i resti di antiche mura recintati e molte viole e tulipani in fiore.
Incontri.
Le persone vivono con spontaneità questi spazi all’aperto e paiono abituate a frequentarli. Mi è capitato diverse volte di incontrare luoghi simili a questo, con aree pedonali e gardini pubblici, e mi viene sempre spontaneo di pensare alla mia città, a come potrebbe migliorare se avesse dei luoghi simili. Udine, la città dove abito, conta circa 100 mila abitanti. Ha un grazioso centro storico di origine medioevale, ma non ci sono luoghi pubblici dove sedersi in libertà e nemmeno posti accoglienti e curati dove poter sostare. Il centro della città non ha una dimensione umana e relazionale spontanea, libera da interessi commerciali ed economici.
Beyazit square.
Nella piazza di Sultanhamet, poco dopo il parco, sta la Colonna di Costantino, risalente al 330 a.D. E’ alta 57 metri ed è stata trasportata qui, a Istanbul, dal Tempio di Apollo di Roma. La piazza, che sta su uno dei 7 colli, voluti dall’imperatore romano Costantino I, dopo l’arrivo della colonna, aveva assunto il nome di “Forum di Costantino”. La colonna ha un diametro di 3 metri e, in origine, aveva sulla cima, la scultura del dio Apollo rappresentato mentre salutava il sole. In seguito, la statua, è stata sostituita con quella di Costantino, dopo la sua proclamazione a imperatore di Costantinopoli. Poi, nel tardo periodo bizantino, la statua è stata sostituita, ancora, con quella di Julianus e, poi, con quella di Theodosius. La colonna, più volte distrutta, è stata ricostruita per la prima volta nel 1470, da Selian I. Nel periodo ottomano è rimasta danneggiata da un incendio e nel XVII secolo è stata rinforzata con dei solidi anelli d’acciaio e dopo questo intervento ha preso il nome di “Colonna con anelli”. Anche qui, in questa piazza, c’è parecchia gente seduta sulle panchine. Sono le 13:00 e stanno arrivando di nuovo le voci dei muezzin: l’una dalla Moschea Nuova che sta di fronte a me e l’altra dalla Noruosmanye Cami, alla mia sinistra. Più avanti, sulla Yenicertler Caddesi c’è un’altra moschea, la Cali Pasha Moschea, costruita in pietra nel 1593, in stile classico ottomano.
Preghiera nel cortile della moschea Cali Pasha.
Qui, nel cortile, ci sono un’infinità di uomini, seduti, ognuno sul proprio tappetino: stanno ascoltando la voce dell’Iman che arriva dall’interno della moschea. Le persone sedute sulla cancellata e fuori, sul marciapiede della strada, hanno lo spazio per alzarsi, inginocchiarsi, piegarsi ed alzarsi di nuovo, seguendo le parole dell’Iman. Gli altri, quelli dentro l’affollato cortile, rimangono seduti, fermi, l’uno attaccato all’altro, per mancanza di spazio.
La tomba di Sinan Pasha e il cimitero intorno.
Poco più avanti, c’è un tempietto con la tomba di Sinan Pasha e nel cortile intorno ci sono altre tombe in pietra. Entro lì, attraverso un portone cigolante e giro intorno al porticato. Un insegnante di 34 anni, originario di Aleppo, in Siria, mi dice che quella che sto visitando è una scuola islamica.
La scuola islamica.
Lui, qui, insegna arabo, ma è laureato in lingua inglese. Ci sediamo insieme ad uno dei tanti tavoli di legno del cortile. Si avvicina a noi un turco di 35 anni, di Agri, nell’Est della Turchia. Abita a Istanbul e fa l’interprete di arabo e turco per i commercianti. E’ laureato in biologia e ora sta frequentando un corso d’inglese in una scuola privata. Un’ altra persona che lavora e vive lì, nella scuola, come l’insegnante di arabo, compare per portarci del cjai e poi scompare. Viene a sedersi al nostro tavolo, invece, un anziano Iman, ora in pensione. Ha 89 anni e legge ancora senza usare gli occhiali. Quando si alza per andare via, mi saluta stringendomi la mano. L’insegnante mi regala un libretto scritto in italiano che sintetizza, in modo molto chiaro e convincente, i valori di riferimento dell’islam. Lui, mi chiede di leggere una piccola parte del primo capitolo del libro e io l’accontento. Devo proprio ammettere che il testo è scritto molto, molto bene. Il linguaggio è semplice e molto comunicativo. L’insegnante è soddisfatto della mia lettura e del mio apprezzamento e mi riprende con il video del suo cellulare. Lascio il gruppetto islamico e raggiungo la Beyazit square. Poco più là c’è un’altra importante moschea, la Suleymaniye Camii che ho visitato senz’altro molti anni fa.
Il Gran Bazar.
Qui accanto c’è una delle entrate al Gran Bazar, quella che riporta la scritta Kapali Carsi, 1461 e Beyazit Kapisi. Passo un altro screening e riguardo i soffitti con le cupolette, i disegni blu, le piccole logge che ogni tanto appaiono e le fontanelle basse, allineate, anche loro rivestite con le piastrelle blu.
Gran Bazar.
Esco ad Eminonu, nella mia piazza preferita. Compro dei filamenti di formaggio fresco, delle olive condite, degli arachidi e oggi pranzo qui, seduta su una di queste panchine.
Il mercato di Eminonu.
Poi, salgo sul ponte di Galata e lo attraverso. Ogni tanto, mi fermo ad osservare il paziente lavoro di attesa dei numerosi pescatori che stanno sistemando le loro canne sul parapetto di ferro del ponte. Accanto ad ognuno di loro, in diversi secchi ci sono i pesci pescati, alcuni ancora vivi.
Eminonu.
Salgo su un pendio e arrivo alla Torre di Galata, una delle più antiche del mondo.
La Torre di Galata.
Costruita dall’imperatore bizantino Anastasius nel VI secolo, distrutta durante la quarta crociata, è stata ricostruita nel 1204 con il nome di “Torre di Gesù”. Ridiscendo la collina della torre e riattraverso il Ponte di Galata guardando le moschee di fronte, illuminate dagli ultimi raggi di sole e il via vai di navi che percorrono questo tratto di mare.
Pescatori sul Ponte di Galata.
Passo tra i pescatori, ora ancora più numerosi, con le loro lunghe canne, le loro attrezzature e la loro passione. Torno a Sultanhamet attraverso il Gran Bazar, il mio punto di riferimento per raggiungere l’ostello. Sono le 19 e 30 e il mercato sta chiudendo. In pochi minuti i venditori ritirano la merce esposta sulla via e chiudono le serrande. Il paesaggio si svuota rapidamente: la gente se ne va, le luci colorate si spengono, le merci esposte e le bancarelle scompaiono. E’ buio ormai e l’aria si è fatta gelida. Ridiscendo rapidamente la collina di Sultanhamet e raggiungo l’ostello, accompagnata dal canto della sera della Moschea Blu.