Sono ritornata a Erenhot in Cina: l’atmosfera qui è più leggera e dinamica. Il costo del viaggio di ritorno da Zamyn Uud a Erenhot è stato molto più economico di quello dell’andata. Mistero! L’autobus per Datong partirà domattina. Saluto i cari amici cinesi che si sono aggiunti al gruppo e abbraccio Taka, che l’altra notte in hotel ha diviso il letto con la sua amica per lasciare me comoda in quello grande. Nahomi, partirà anche lei domani mattina e siamo felici di poter rimanere insieme ancora un giorno. Sia Nahomi che Taka insegnano giapponese in due diverse città, nella parte Nord-Est della Cina. Le due scuole sono entrambe private: guadagnano pochissimo, anche se usufruiscono della gratuità dell’alloggio.
A Datong, in autostazione, incontro un maturo poliziotto in borghese che mi indica il percorso per raggiungere l’ostello: mi accompagna, in modo protettivo, ad un taxi e mi regala la corsa. L’ostello è molto accogliente ospitale; stringo subito amicizia con Yining, una ragazza cinese che viaggia per la prima volta da sola. Stendiamo insieme un piccolo progetto che comprende la visita alla città ed ai siti interessanti che stanno nei dintorni. Il centro storico è stato in gran parte demolito allo scopo di recuperare l’aspetto originario di Datong: i cinesi preferiscono ricostruire a nuovo le parti urbanistiche presistente anziché restaurare gli edifici vecchi. L’aspetto che presentano i quartieri riqualificati qui a Datong, ma nella maggior parte della Cina sono molto pittoreschi, ma decisamente artificiali. Accanto alla città, visitiamo il Tempio Huayan: è suddiviso in due parti separate. Una zona è adibita a monastero, mentre l’altra ospita un museo ricco di statue di epoca Ming e Liao e numerosi dipinti murali realizzati sotto i Quig.
Il Tempio Huayan, costruito durante la dinastia Liao, tra il 907 e il 1125, è orientato verso est per la devozione del popolo di allora al culto del sole. Sempre con Yining, trascorro una serata a camminare lungo le nuove mura che circondano la città. C’è un gran silenzio intorno e rimaniamo sedute sotto un cielo stellato spettacolare ed una fantastica luna piena. Le luci della città, la vista in lontananza sulle montagne appaiono, però, sempre e ovunque un po’offuscate a causa del grosso inquinamento atmosferico che attanaglia tutta la Cina e al quale nessuno sembra dare grande importanza.
Da Datong, un giorno, andiamo a Yungang in autobus, a visitare le grotte buddhiste cinquecentesche: sono splendide! Le 252 grotte che compongono il complesso, contengono molte delle più antiche sculture buddhiste presenti in Cina. Alcune grotte hanno all’interno delle pagode a pianta quadrata, finemente cesellate; sulle pareti sono visibili coloratissimi affreschi con animali, uccelli e angeli. Quasi tutte le grotte, racchiudono, inserite in piccole nicchie, delle minuscole rappresentazioni dei mille Buddha seduti. In otto grotte, invece, sono state scolpite delle enormi statue del Buddha: la maggiore è alta 17 m. Verso sera torniamo a Datong stanche e affamate; ci fermiamo ad osservare il Muro dei Nove Draghi che incontriamo spesso gironzolando per la città. Alto 8 metri, lungo 45,5 m. e largo 2 metri, questo muro, rivestito di piastrelle smaltate, rappresenta l’immagine di nove draghi intrecciati tra loro. E’stato costruito in epoca Ming per tenere lontani gli spiriti maligni e fa una certa impressione anche ora. Per cena ci concediamo una confezione di jiàozi, i ravioli di pasta, ripieni di carne e verdure, cotti al vapore. Li ordiniamo in un ristorante di lusso, dove la cena costa all’incirca 10 euro, ma noi desideriamo soltanto visitare gli interni e guardare come funziona l’organizzazione. Così, prenotiamo i nostri jiàozi e mentre attendiamo che li confezionino per portarceli in ostello, osserviamo il lavoro dei cuochi e delle cuoche in cucina, seguiamo con lo sguardo i camerieri e le cameriere elegantissimi che corrono avanti e indietro dalla sala da pranzo alla cassa; guardiamo incuriosite la gente che entra ed esce dall’imponente portone principale. Il giorno dopo, insieme ad un gruppo di ragazzi prendiamo un taxi e raggiungiamo il bellissimo Tempio Sospeso, un santuario buddhista arroccato su una montagna, sostenuto nel vuoto soltanto da alcuni lunghi pali appoggiati sulla roccia.
Costruito su un costone roccioso, 1500 anni fa, il monastero ospita un singolare sincretismo delle principali religioni locali: confucianesimo, taoismo, buddhismo. E’costituito da varie stanze adattate alla conformazione della montagna e collegate fra loro da un sistema di passerelle, scalette e strettissimi corridoi in legno che ondeggiano e traballano al continuo passaggio dei numerosi visitatori. Dopo un breve percorso in taxi, non lontano dal Tempio sospeso, ci avventuriamo verso la scalata del Monte Hendshan e raggiungiamo la vetta, alta ben 2017 metri! Questa montagna è un luogo sacro per i taoisti ed è ancora oggi sede di numerosi rituali e attività religiose. La leggenda narra che Zhang Guolao, uno degli 8 immortali della mitologia taoista, si rifugiò qui per vivere una vita in solitudine tra la natura incontaminata. Il paesaggio del Monte Hendshan è misterioso ed è composto da numerosi picchi, dirupi, caverne e alberi. C’è un gran silenzio intorno: si odono soltanto i suoni dello scorrere dei ruscelli e il cinguettio degli uccelli; tutto è perfettamente in armonia con gli insegnamenti taoisti. Il Tempio Beiyue Miao o Tempio del picco settentrionale che incontriamo lungo la salita, è rimasto l’unico luogo sacro della montagna interamente taoista sul Monte Hendshan: è un monastero umile e poco appariscente, proprio come richiede la tradizione taoista. L’essenza di questa filosofia sta nel ritenere il rapporto con la natura l’anima della vita e nel vedere l’essere umano come parte di essa. Lasciato il tempio Beiyue Miao e i silenziosi monaci taoisti che vivono lì, raggiungiamo la cima del monte Hendshan: una fatica indescrivibile, ma poi, condividiamo tutti insieme una soddisfazione immensa!
Dopo quattro notti trascorse nella bella, dolce, accogliente Datong prendiamo il treno e partiamo per Pingyao: sono ancora insieme alla cara Yining. Le amicizie, le condivisioni di alcuni momenti con le persone che incontro durante il viaggio sono una bella esperienza! Il viaggiare da sola mi offre la possibilità di conoscere diversa gente e di condividere con loro alcune scelte e allo stesso tempo di rimanere libera!
Pingyao è una cittadina con una storia di 2800 anni, dotata della più completa cerchia di mura di tutta la Cina; appare molto curata e valorizzata in tutto quello che può ricordare il passato. Pingyao, difatti, è la città fortificata di epoca Ming e Qing meglio conservata della Cina e, a differenza di molte altre, ha mantenuto il suo antico fascino riuscendo a sfuggire ai disastrosi rifacimenti operati dagli urbanisti comunisti. All’interno delle mura, ci sono quasi 4000 residenze della dinastia Ming e Qing. Le vie del centro antico sono decorate con lanterne rosse che di notte illuminano debolmente le antiche torri, le vecchie mura e le eleganti case a corte del centro storico, creando un effetto misterioso e suggestivo. Anche noi due, Yining e io, prendiamo alloggio in una delle case a corte della città vecchia, ora adibite ad albergo. Il giorno dopo, con una corsa in taxi collettivo raggiungiamo la casa padronale della famiglia Wang, nella periferia di Pingyao. Le dimensioni colossali del complesso ricordano più la struttura di un castello che la dimensione di una casa privata. Composta da 123 cortili che paiono ripetersi all’infinito all’interno dello stesso schema, la residenza della famiglia Wang si presenta conservata con estrema cura e attenzione in particolare nelle sue parti lignee. A Pingyao visitiamo un’infinità di vecchie banche e di sedi commerciali divenute ora museo. La città è stata un fiorente centro mercantile già all’epoca della dinastia Ming, ma fu solo in epoca Qing che iniziò la sua vera ascesa con la fondazione delle prime banche e l’emissione dei primi assegni circolari per facilitare il trasferimento di argento da un luogo all’altro. Era l’anno 1823. Anche a Pingyao troviamo un antico tempio della religione taoista: il Qìngxù Guàn, risalente alla dinastia Tang. L’edificio più antico di Pingyao rimane, però, il Tempio Dàcheng che risale al 1163 e si trova nel Tempio di Confucio, un grande complesso dove gli aspiranti burocrati venivano un tempo a sostenere gli esami imperiali. L’ultimo giorno della nostra permanenza a Pingyao ci spostiamo in autobus a Zhongdu, a sud-ovest della città per visitare il tempio buddhista di Shuànglìn denominato anche Tempio del Doppio Boschetto.
E’ un edificio immerso tra i campi di grano e conserva un gran numero di rare statue dipinte e riccamente scolpite risalenti alle dinastie Song (960-1279)e Yuan. Il tempio, costruito presumibilmente nel 571, presenta una storia di quasi 1500 anni. E’ stato ricostruito durante le dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), quindi, la maggior parte degli edifici del tempio rispecchiano lo stile Ming e Qing. Attualmente, questo tempio, si presenta come un complesso molto suggestivo e autentico; occupa una superficie di 15.000 metri quadrati, è circondato da alte mura di terra battuta ed è, stranamente, rivolto a sud.
Torniamo a Pingyao e passeggiando lungo le vie della città vecchia incontriamo un gruppo familiare di turisti polacchi. Uno dei ragazzi è uno studente universitario e stringe una bella amicizia con Yining. La madre è un medico che viaggia spesso in Cina per approfondire le sue conoscenze riguardo ai metodi di cura praticati in questo Paese. Trascorriamo molte ore a chiacchierare insieme in una sala da tè e ci salutiamo con la promessa di mantenerci in contatto.
Lascio Yining che se ne torna su un’isola vicino ad Hong Kong, nella casa dai suoi genitori, e raggiungo Xi’An, una città divenuta un tempo il punto di partenza e arrivo della Via della Seta. Xi’An è una gran bella città con le sue imponenti torri: la Torre della Campana e quella del Tamburo, risalenti entrambe al XIV secolo e ricostruite durante il XVIII secolo. L’antica cinta muraria della città qui è ancora intatta. Costruita durante la dinastia Ming nel 1370, raggiunge un’altezza di 12 metri e forma un rettangolo di 14 kilometri di perimetro, circondato da un fossato ormai prosciugato. Le mura, ora restaurate o ricostruite sono percorribili a piedi oppure in bicicletta lungo l’intero perimetro. Xi’An è una città animata da un intenso fermento culturale ed economico. Il sabato e la domenica le stazioni ferroviarie e quelle degli autobus sono stracolme di gente che aspetta paziente, seduta o distesa sul piazzale, il momento di partire, nonostante ci sia un caldo infernale. Già molto presto, di domenica mattina, alla biglietteria del Museo di storia dello Shaanxi c’è una fila enorme di cinesi!
Il Museo contiene numerosi reperti dell’antica Xi’An supportati da informazioni e spiegazioni in inglese. A due passi dal Museo, con un gruppo di nuovi amici, visitiamo un moderno centro commerciale all’aperto composto da negozi, ristoranti e opere d’arte. Nella piazza principale ammiriamo le stupende fontane danzanti che c’incantano con i loro giochi d’acqua musicali. Lì accanto, tra il panorama urbano, vediamo spuntare la splendida Grande Pagoda dell’Oca Selvatica. Si tratta di una delle più belle pagode in stile Tang presenti in Cina; la sua pianta è più quadrata che rotonda ed è stata completata nel 652. Tutto l’insieme architettonico è incantevole! Il giorno successivo lo dedico all’Esercito di Terracotta: dal piazzale dell’autostazione c’è un servizio continuato di pullman per raggiungere il sito. Arrivata sul posto vengo assalita da numerose guide, che si offrono di accompagnarmi nel percorso. La struttura è molto vasta e, effettivamente, mi riesce difficile orientarmi; scelgo di aggregarmi ad un gruppo internazionale di studenti che mi accoglie con molta simpatia.
L’Esercito di Terracotta è composto da migliaia di soldati e cavalli di dimensioni reali risalenti a 2000 anni fa e scoperti casualmente, nel 1974, da alcuni contadini intenti a scavare un pozzo. La zona musulmana di Xi’An è molto animata: si trova accanto alla Torre del Tamburo e si snoda tra viuzze, mercatini e ristorantini ed ha il suo fulcro culturale e commerciale intorno alla Grande Moschea.
L’edificio religioso islamico è uno dei più grandi di tutta la Cina e rappresenta una sintesi di architettura cinese e islamica. La Grande Moschea, rivolta verso la Mecca, cioè verso ovest è caratterizzato dalla costruzione del Muro degli Spiriti, un elemento tipico dell’architettura cinese finalizzato a tenere lontani gli spiriti maligni. Anche a Xi’An c’è una casa tradizionale adibita a galleria d’arte, centro culturale e sala da tè. Questo edificio, in origine, era l’abitazione di Gao Yuesong, un funzionario di epoca Qing.
La struttura rimane una preziosa testimonianza del modello di casa a corte; è composta da sale di ricevimento, camere da letto, appartamenti per le servitù, un altare dedicato agli antenati e dallo studio ora divenuto una sala da tè.
La Cina mi piace molto! I giovani, con i loro entusiasmi, le loro generosità, la grande bontà che li accompagna mi inteneriscono tanto. Dopo Xi’An mi sposto a Luoyang, una tranquilla cittadina con un nucleo animato da stradine in pietra e vecchie case a corte. La Piazza Wangchéng rappresenta un simpatico luogo di ritrovo in tutte le ore del giorno per gli abitanti che qui si incontrano per praticare il tai chi, giocare a scacchi e a carte, per ballare o per distendersi e rilassarsi ovunque.
Verso sera, le strade del centro si animano con illuminazioni colorate e musica: ristoranti e mercatini si aprono nelle zone pedonali e gli abitanti dei palazzoni scendono in strada per sedersi sulle gradinate a chiacchierare e godere del fresco della notte.
Un giorno intero lo trascorro alle vicine grotte rupestri buddhiste di Longmen, patrimonio dell’UNESCO: sono una meraviglia! La loro costruzione è iniziata intorno al 494 d.C. dagli scultori della dinastia dei Wei, quando la capitale venne trasferita qui da Datong. Nei due secoli successivi, lungo le pareti calcaree a est e a ovest del fiume Yì Hè, sono state scolpite e dipinte oltre 1000 immagini e statue del Buddha e dei suoi discepoli. Il Tempio della Venerazione degli Antenati, scavato durante la dinastia Tang, tra il 672 e il 675, è la grotta più bella dell’intero complesso. Le figure create da questa dinastia hanno delle espressioni e delle posture più naturali rispetto a quelle realizzate nel periodo Wei, ma il loro scopo preciso è quello di incutere terrore. Il Buddha Vairocana, seduto al centro dell’enorme grotta, è alto 17 m. e pare che il suo viso sia stato modellato su quello dell’imperatrice Wu Zetian che ne commissionò l’opera.
Molte statue delle Grotte di Longmen sono state rubate e alcuni pezzi risultano attualmente esposti in importanti Musei stranieri; solo alcuni reperti sono stati sinora restituiti. Un giorno, con una lunga corsa in autobus verso la periferia meridionale di Luoyang, raggiungo il Museo delle Tombe Antiche dove ammiro numerose e accurate stanzette funebri con disposti accanto ad ogni sepoltura, gli oggetti cari appartenuti alla persona defunta. Il museo è molto fornito e contiene pure un’infinità di pitture murali e di oggetti in ceramica e bronzo, risalenti alle varie dinastie dell’antica Cina. In questo museo c’è pure una stanza appartata con una ricca collezione di materiale su Mao Zedong: rimarrà l’unica testimonianza da me incontrata su questo importante Presidente della Repubblica Popolare Cinese.
Arrivo a Chengdù nel primo pomeriggio: è una città moderna, con diversi riferimenti architettonici legati al recupero della storia passata.
Chengdù è divisa in due parti dal Fiume di Broccato, il cui nome rimane legato alla fiorente industria tessile presente sotto la dinastia degli Han orientali (25-220 d.C.). Da qui, le carovane cariche di rotoli di stoffe percorrevano la Via della Seta meridionale per raggiungere l’Occidente. Durante la dinastia Tang (618-907 d.C.) Chengdù occupava una posizione importante nella vita economica cinese e, trecento anni dopo, sotto la dinastia Song, è stata la prima al mondo a emettere la cartamoneta.
Il Tempio buddhista Wenshu, costruito durante la dinastia Tang, è dedicato alla Bodhisattva della Saggezza, che letteralmente significa Essere (satva) e Illuminazione (bodhi).
E’ il luogo di culto più grande e meglio conservato di Chengdù ed ha accanto uno dei vecchi quartieri riqualificati della città.
L’insieme della zona si presenta allegro e animato da strette viuzze fiancheggiate da case da tè, ristorantini, negozi e da numerose e simpatiche bancarelle che si snodano tutt’intorno. Qui, mi fermo in un banchetto-laboratorio a raschiare con carta vetrata ed acqua le bacche dell’albero della Bodhi, un antico fico sacro. Questi frutti diventano dei bellissimi ciondoli portafortuna, in particolare per i buddhisti, che li portano come collane o bracciali.
Ora sono in treno, sto viaggiando verso Guilin, al Sud della Cina. Guilin si caratterizza per i suoi splendidi parchi e per le Pagode Gemelle: quella del Sole e quella della Luna che si trovano immerse nel paesaggio del lago Shan. Passeggiando lungo le sponde del lago Ron si raggiunge la Porta Sud, l’unica sopravissuta all’originaria cinta muraria risalente alla dinastia Song. Questa zona appare sempre animata da persone che danzano o praticano il tai-chi.
Camminando ancora si arriva alla Collina dove si Accumulano i Colori e dopo circa un Kilometro si raggiunge la Porta Est, una porta in parte ricostruita che mantiene qualche resto della cinta muraria originale.
A Nord di Guilin c’è Yangshuò, una cittadina turistica molto conosciuta per i fantastici picchi calcarei che si ergono in mezzo al fiume Lì.
Raggiungo Yangshuò in corriera insieme a Gloria, una ragazza milanese incontrata in ostello. Gloria si è appena laureata in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale con una tesi sul degrado ambientale in Cina e le risposte del governo. Dalla ricerca di Gloria emerge il fatto che il governo è consapevole del grave inquinamento che coinvolge la Cina, ma non è, per ora, in grado di affrontare un’alternativa all’utilizzo del carbone, una risorsa energetica abbondante nel Paese. Gloria si fermerà a Yangshuò per alcuni giorni: l’accompagno al suo nuovo ostello e poi ci separiamo.
Stanno appollaiati sulla barca, accanto ai loro padroni che probabilmente li utilizzano per catturare i pesci. Tutto ad un tratto vedo i pescatori remare velocissimi verso la riva: hanno avvistato in lontananza l’arrivo di un battello carico di turisti. Giunti sulla sponda, si piazzano lì con due cormorani sospesi alle estremità di un bastone e li offrono ai turisti, dietro pagamento, come scenario per le loro foto ricordo.
Oggi è l’8 agosto e sarebbe il compleanno di mia madre che compirebbe 89 anni: potrebbe ancora esserci! Ho una grande tristezza nel cuore: qualche giorno fa, aprendo la pagina web del giornale locale della mia regione, il Messaggero Veneto, un’azione che faccio assai raramente, mi è spiccato tra i necrologi il nome di un ex amore! Come sono volati questi anni! Era un ragazzone appena laureato quando ci siamo innamorati! Quanto è stato intenso questo amore, ma non ha avuto seguito! Come te ne sei andato presto! Chissà come! Non ti ho dimenticato, anche se la vita stessa ci ha separati! Verrò a trovarti al cimitero! Ciao, mio amore, così intenso e così irreale!
La Cina continua a piacermi molto! I ragazzi e le ragazze sono particolarmente umani; sembrano i nostri rari ragazzi sensibili, seri, alternativi che, mentre da noi rimangono un’eccezione, qui, in Cina, rappresentano la maggioranza. Da quel che ho capito circa il 70% dei ragazzi e delle ragazze cinesi frequentano l’università. Vi accedono attraverso una forte selezione e gli studenti iniziano ad esercitarsi ai test d’ingresso già nei primi anni delle superiori. La selezione avviene, comunque, anche prima, sicuramente già dalle scuole superiori dove si formano classi di serie A con docenti preparati e classi di livello B con insegnanti mediocri.
I giovani cinesi, in generale, seppur molto intelligenti e colti, non si interessano della vita politica cinese e poco o nulla sanno riguardo al sistema elettorale del loro Paese. Probabilmente non ne sentono l’esigenza avendo tutto quanto organizzatissimo al dettaglio ed essendo ogni controllo governativo mirato a prevenire qualsiasi dissenso. Il sistema di governo cinese si presenta come un’oligarchia gestita da un unico partito: il partito comunista. Il presidente è anche il capo del partito: le uniche elezioni democratiche sono quelle in cui il popolo viene chiamato a scegliere i suoi rappresentanti e poi, gli eletti, gli uomini del partito unico, si nominano tra di loro. La Cina è una nazione proiettata verso un capitalismo avanzato, ma l’inquinamento atmosferico si respira dappertutto: le città sono avvolte da una cappa di smog che ne annebbia la visibilità in tutte le stagioni, ma i condizionatori nelle caldissime estati e gli impianti di riscaldamento a carbone nei freddissimi inverni continuano a funzionare all’impazzata. Diverse pale eoliche e numerose centrali solari si intravedono in tutta la Cina, ma si continua ad usare il carbone in tutti i settori dell’industria, perché ce n’è in abbondanza e risulta ancora la fonte energetica più economica.
Da Guilin arrivo a Beihai, una cittadina di pescatori situata sul mare e lungo una spiaggia denominata la Spiaggia d’argento. Beihai è più povera degli altri luoghi da me visitati, ma anche più semplice.
Come sempre mi adatto al posto almeno dopo qualche ora, quando comincio a capire come muovermi. Raccolgo, ovunque, molte notizie parlando con i ragazzi che incontro durante gli spostamenti in treno. In Cina, soltanto i giovani tra i 16 e i 30 anni parlano l’inglese. Qui in ostello incontro Lion, un ragazzo di 24 anni che ha un mezzo lavoretto per 15 giorni all’ostello dove alloggio. Si è appena laureato ed ha intenzione di girare il mondo con poco denaro. Anche qui in Cina, come in Occidente, i giovani non vogliono più continuare la dura vita di lavoro e sacrifici dei loro genitori e cercano strade alternative. Lion è figlio di un imprenditore agricolo: è il maggiore di quattro fratelli, desidera rendersi indipendente dai genitori e non vuole continuare il lavoro di suo padre. Riguardo alla sua numerosa famiglia, mi spiega Lion che in Cina è possibile concedersela solo se si possiede la disponibilità economica di provvedere ad essa. Per quanto riguarda il numero dei figli, se puoi permettertelo economicamente, non rimani legato alla pianificazione demografica governativa che fino a poco tempo fa consentiva ai genitori di averne soltanto uno. Recentemente, comunque, la legislazione è cambiata e consente ai genitori, se entrambi figli unici, di poter avere fino a due figli. Con Lion visito la parte vecchia di Beihai: le viette e le architetture rappresentano un’importante testimonianza del periodo coloniale, ma nella Zhuhai Lu si possono intravedere delle tipiche case cinesi con i loro loggiati, Qilòu, ora divenuti degli eleganti negozi di perle.
Nel mercatino non lontano dalla spiaggia oltre ai prodotti alimentari, lungo le stradine, si possono trovare diversi altri servizi: il barbiere, l’estetista, la parrucchiera, il calzolaio, il lustrascarpe, il pulitore di orecchie ed anche i taxi risciò che se ne stanno assopiti all’ombra in attesa dei clienti. Accanto al porto c’è un fornito mercato del pesce con numerosi ristorantini di strada che cucinano, al momento, il pesce acquistato in autonomia dai clienti.
Saluto Lion che mi accompagna alla fermata dell’autobus; per l’ultimo tratto di strada accetto il passaggio di una signora in motoretta che carica il mio zaino sul davanti e mi trasporta fino alla stazione dei treni.
Arrivo a Kunmin, nello Stato federale dello Yunnan.
Kunmin è una grande città, molto occidentale, ma nonostante l’accogliente ostello e l’incantevole e animato Parco del Lago Verde, per me rimarrà soltanto un punto di riferimento per i successivi spostamenti. In ostello incontro due famiglie fiorentine in viaggio insieme a due figlie adolescenti in piena contestazione. Alla reception mi imbatto in due simpatici ragazzi trentini e scambio con loro quattro chiacchiere sui nostri reciproci viaggi. E’ la prima volta che incontro degli italiani durante tutto il mio viaggio, e rimarrà anche l’unica!
Raggiungo Dali in pullman.
Passeggio per la città vecchia e visito i numerosi negozi che si aprono lungo le vie del centro storico, ma mi sposto spesso, per lo più i dintorni.
Alcuni villaggi sono carini, ma decisamente moderni e molto turistici. Caicun, sul lago Erhai ha l’aspetto di una grande città fin troppo nuova!
La raggiungo in autobus, ma la fermata è un po’ lontana dal lago. Chiedo delle informazioni a un distinto passante, ma non parla inglese e non riesco a farmi capire. Poco dopo lo vedo sbucare dal parcheggio su un’enorme auto di lusso. Si ferma accanto a me e mi accompagna fino al lago. Riesco a capire che lavora in banca e che la sua auto è una Maserati. Un altro giorno mi reco nell’antica cittadina di Xizhou insieme ad una coppia di turisti spagnoli e visito un tradizionale laboratorio di batik, i tipici tessuti colorati mediante la copertura delle zone che non si vogliono tingere. Vado poi a visitare una casa tipica dell’etnia Bai costruita nel primo Novecento da un ricco mercante locale. Accanto alla casa c’è un piccolo tempio buddhista, divenuto un particolare luogo di incontro per le donne del paese. Xizhou è una cittadina tranquilla, avvolta in un silenzio quasi misterioso. Dietro le bancarelle del mercato o sedute accanto ai loro prodotti agricoli si vedono molte donne in costume tradizionale Bai. Gli uomini se ne stanno per conto loro. Sono là, seduti sulle gradinate del piazzale, vestiti tutti uguali, con pantaloni e camicioni blu; in silenzio ci osservano, forse sono delle guide, forse aspettano qualcosa, ma rimangono lì immobili, muti, soltanto a guardare. Il giorno dopo, con un taxi collettivo, raggiungo Zhou Cheng. Il taxi si ferma e l’autista mi informa che l’unica risorsa della cittadina non è quest’altro laboratorio di batik. Decido di proseguire il viaggio insieme a due turiste cinesi e mi fermo qualche ora con loro a Shuan Lane. E’ un grazioso villaggio sul lago Erhai, con le stradine lastricate che fiancheggiano un porticciolo animato da coloratissime barche e un gran pullulare di eleganti negozietti, di accoglienti ristoranti, di animati bar e hotel. L’aspetto di Shuan Lane è abbastanza simile ad una piccola Venezia.
Ora sono a Lijiang, un luogo molto, molto turistico. Sulla corriera ho stretto amicizia con Matìas, un ragazzo argentino che fa il ricercatore all’università di Melbourne e con Daisy, una sua amica di Chengdù, ricercatrice pure lei. Entrambi si occupano di agricoltura. Daisy ha appena ricevuto una telefonata dall’università di Chengdù: deve proporre con immediatezza un piccolo progetto sperimentale che non guardi soltanto al monopolio delle grosse multinazionali, che già ne condizionano l’operato, ma non ne sia loro nemmeno d’ostacolo, però! Discutiamo a lungo e condividiamo un progettino che miri al recupero delle sementi originali e della biodiversità. Il boss, ricontattato al telefono da Daisy, ne rimane soddisfatto! Qui a Lijiang, passeggiando per le stradine stracolme di negozi moderni si possono ancora incontrare delle persone che indossano il costume tradizionale Bai, una delle minoranze etniche prevalenti nella zona. Le cittadine di Baisha e a Shuhè, nei dintorni, appaiono più interessanti del grande centro.
A Baisha c’è un ristorante che fa riferimento al dott. Ho Shi Xiu, un leggendario erborista descritto dallo scrittore e viaggiatore britannico Bruce Chatwin e da lui immortalato come il medico taoista delle Montagne del Drago di Giada. Qui le strade in blocchi di pietra sono in fase di rifacimento e piove a dirotto. Mi addentro in un porticato e visito la scuola femminile di pitture ricamate che si apre all’interno. La scuola con l’attività che la caratterizza ipotizza, con un gigantesco grafico disegnato su un immenso cartellone, un enorme boom nella richiesta dei suoi prodotti nei prossimi anni.
A poca distanza da Baisha c’è Shuhè con i suoi curatissimi vicoli, i corsi d’acqua valorizzati come luoghi da percorrere attraverso ponticelli e zone pedonali, una vastità di giardini con piante in fiore e alberi ombreggianti sulla moltitudine di arredi urbani disposti ovunque.
Gli sfondi delle vecchie case, il ponte con le carrozze ed i cavalli in attesa dei turisti, gli scorci dei vicoletti nascosti sono le location preferite di numerosi professionisti indaffaratissimi a realizzare una moltitudine di suggestivi, affascinanti servizi fotografici.
Shangri-la, la cittadina semidistrutta qualche tempo fa da un devastante incendio un tempo era conosciuta con il nome di Zhongdiàn oltre che con quello tibetano di Gyalthang.
E’ situata a 3200 metri di altitudine ed ha un’identità culturale molto vicina a quella tibetana. La città vecchia ha un grande fascino! Alla sera fa molto freddo e la gente si ripara all’interno dei numerosi locali con i vetri appannati dove sono stati accesi stufe e caminetti. Di giorno, passeggiando lungo la Sifan Jie mi addentro tra i vicoli acciottolati che si diramano ai suoi lati e scorgo i numerosi graziosi palazzi danneggiati dall’incendio; sono ora in fase di restauro assieme ai diversi stupa della città vecchia. Lassù in alto, su una collina, domina austero un monastero, il Guìshan Sì; accanto al tempio sorge la Zhuàn Jìng Tòng, la ruota della preghiera più grande del mondo: è alta 21 metri e contiene, al suo interno, 100.000 piccole ruote di preghiera.
Nei dintorni di Shangri-la raggiungo, con dei nuovi amici e attraverso un’escursione organizzata dall’ostello, il Parco Pùdàcuò e il Lago Sùdù Hù. Un’accurata organizzazione all’interno del parco, costituita da trasporti con autobus e barconi, da stradine e ponticelli pedonali in legno, facilmente percorribili, rendono piacevolmente accessibili tutte le zone dell’oasi.
Il Ganden Sumtseling Gompa, un monastero tibetano risalente a 300 anni fa, che ospita circa 600 monaci si trova a circa un’ora di cammino da Shangri-la ed è molto suggestivo.
Passeggiando nei dintorni del tempio incontro degli agglomerati di case contadine, con erette all’esterno delle strutture in legno per essiccare il fieno: sono molto simili a quelle utilizzate nelle nostre zone montane.
Anche il mercato di Shangri-la è particolare. Le bancarelle che stazionano lungo la strada principale sono gestite da donne in costume tibetano: alcune vendono dei funghi enormi, a forma di cono, che non ho visto mai da nessun’altra parte del mondo.
E ora, ritorno a Kunmin e viaggio aereo verso Kathmandu appena in tempo per non far scadere il visto cinese.