Partenza da Varanasi (India), verso Shiraz (Iran), 11 marzo 2019

Esco dalla guest house e mi fermo ad ammirare l’incrocio tra due gali per decidere quale direzione prendere. Oggi pomeriggio parto per l’Iran e mi sento molto rattristata a lasciare questa città. Decido di andare subito verso i ghat.  Faccio un giro sotto le colonne che sostengono il piazzale che sta poco dopo il Dashashwamedh ghat per salutare il mio amico baba dei tamburelli. Lui è lì, con solo un perizoma addosso. Sta bene ed è perfettamente guarito dai problemi intestinali, senza prendere alcuna medicina.

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 Shiva Raj Giri Naga Baba.

Il baba mi chiede di andare a vivere con lui, sulle montagne di Haridwar, nell’Uttarakhanda, perchè attraverso i suoi massaggi e la meditazione, raggiungerei  la totale felicità.

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Con il baba Shiva Raj Giri.

Passo a salutare anche il giovane sacerdote del palchetto del Dashashwamedh ghat. Lui mi canta una lunga canzone di buon augurio che contraccambio con le mani giunte sulle sue.

Poco più giù, su un altro palco sta il sacerdote: quello che fa un po’ il manager. Lo definisco così perchè più che celebrare le puje, preferisce distribuire il lavoro ad altri preti, gestendo lui la parte economica. Saluto anche lui, in modo formale però, ma ci scambiamo l’amicizia su facebook.

Nel pomeriggio, lascio gli zaini, pronti per la partenza, in camera e faccio un salto a salutare Sonu, il mio amico barcaiolo. E’ impegnato su una barca lì sul molo e ci salutiamo da lontano agitando le braccia. Quando ci rivedremo, Sonu sarà sposato e forse avrà già un figlio, dal momento che il suo matrimonio verrà celebrato il prossimo luglio. E io, chissà quando tornerò!

All’uscita dalla guest house carica di zaini, incontro un ragazzo israeliano che si offre di accompagnarmi fino alla Main road, da dove prenderò un auto risciò per l’areoporto. Contratto il prezzo: 400 rupje, circa 5 euro. Il ragazzo del risciò corre velocissimo, frena improvvisamente e lo zaino si ribalta su di me. Lui non si preoccupa, continua a correre, a rasentare ciclisti, moto, auto e pedoni. Questa corsa, sembra non finire mai! Dopo un’ora  di strada, ecco apparire una zona illuminata: è l’aeroporto, finalmente! E qui, iniziano i controlli minuziosi, gli screening a zaino, zainetto e borse. Non mi ricordavo di aver trovato un accendino e di averlo tenuto come riserva per accendere le spirali per le zanzare. Le spirali le ho lasciate nella guest house, mentre l’accendino è rimasto chissà dove. Devo trovarlo: allo screening l’hanno individuato ed è tra le cose che non si possono portare. Infilo una mano dentro lo zaino grande, ma non ho idea di dove possa essere. I militari sono gentilissimi, mi dicono che sta vicino all’ombrello, in una tasca, ma io non lo trovo e loro non demordono. Non posso far altro che svuotare lo zaino. Cerco, tasto, ritasto, rovescio i calzini, apro scatolette e bustine: niente. Poi, tasto una busta di stoffa con degli occhiali da sole mai usati, ed eccolo lì! Ora, rimetto tutta la roba nello zaino, in fretta e furia, pressandola alla belle meglio per farla stare tutta, di nuovo! E al ceck-in lo zaino grande, finalmente parte. Prima di salire sull’aereo, altro controllo e perquisizione ed eccomi finalmente a Delhi. Con un ritardo di circa un ora, parto per Sharjah. Mentre attendo l’aereo per  Shiraz, una donna ucraina della mia età mi riconosce e mi chiama. Ci siamo incontrate a Puri, nell’Orissa, qualche tempo fa. Lei appartiene alla religione “Hari Krishna” e per guadagnarsi da vivere insegna yoga e fa massaggi, sia in India che in Ucraina.

 

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