Dopo un lunghissimo silenzio, un tempo infinito trascorso a Flaipano, una minuscola borgata tra le montagne di Montenars (Udine), sono in procinto di partire per Napoli, insieme a Delia, mia sorella. Una scelta strana per me, che mi porta a lasciare per un po’ di tempo una vita solitaria e un modo di viaggiare semplice, economico e ricco di imprevisti e curiosità per una vacanza terribilmente benestante. Il recupero del rapporto con Delia, di soli due anni più giovane, mi ha portata a decidere di adeguarmi al suo tenore di vita e alle sue scelte. Vediamo che succede!
Partenza per Napoli e primo approccio con la città
E’ stata proprio un’idea di Delia, mia sorella, quella di visitare Napoli e dintorni. Io non ero mai stata in questa città, ma soltanto sulla Costiera amalfitana, a Salerno e a Pompei. Ero in coppia con Armando allora, e avevamo con noi Consuelo, la figlia del mio primo matrimonio. Forse era il 1975 ed ero all’interno di una separazione difficilisssima e tormentata per l’affidamento di Consuelo. Ma io credevo di essere libera, di avere il mondo in mano, che i giudici del tribunale mi avrebbero compresa e aiutata: invece, non è andata così. Oggi, il ricordo di quel viaggio, e di quei luoghi visitati di ritorno dalle vacanze trascorse in un campeggio della Calabria sono ancora intensi, anche in mia figlia. Delia, mia sorella, invece, aveva degli intensi ricordi legati alla sua storia sentimentale con il marito, scomparso poco più di un anno fa. La scelta del periodo di ferragosto, per una vacanza a Napoli, non era delle migliori, ma era l’unico spazio che rimaneva a Delia, da poco pensionata e impegnatissima ad occuparsi dei nipotini che vivono con i genitori a Modena.
Per me, abituata a lunghi viaggi solitari in economia, con lo zaino sulle spalle e alloggiando, per lo più, in ostelli, la cosa importante di questa scelta, riguardava, in particolare, il confronto con mia sorella, arrivato dopo una distanza e delle ostilità durati almeno sessant’anni. L’avvicinamento è avvenuto pochi mesi prima che morisse suo marito e durante la sua malattia di Covid, cercando di starle vicino, anche solo moralmente. Volevo stare un po’ con lei per ripercorrere la storia delle nostre origini, il nostro rapporto con i genitori, con i fratelli, con i nostri parenti e con il vicinato. Volevo rivivere gli anni dell’infanzia, trascorsi da entrambe in una minuscola borgata del comune di Artegna, agli inizi degli anni ’50. Siamo vicinissime d’età, lei è nata nel novembre del 1950, io alla fine del 1948: una situazione di partenza comune, un percorso diverso e difficile per entrambe, un punto d’arrivo con due persone completamente differenti. Un modo di vivere molto semplice e attento al risparmio il mio, con valore prioritario alla conoscenza e alla cultura; benestante e più spendacchione il suo, con priorità alle cene e ai pranzi nei ristoranti rinomati e molta attenzione all’abbigliamento raffinato ed elegante. Però, ho deciso di adeguarmi, per questo breve periodo, al suo tenore di vita e alle sue scelte. E anche ad ascoltare, senza dare alcuna importanza, le sue critiche sul mio modo di vestire, sulla mia attenzione al risparmio, sulla mia pigrizia…Sarebbe bastato un nonnulla, se soltanto una volta, avessi risposto a tono: tutto sarebbe crollato! Bisognerà arrivare all’ultima sera, durante la cena al ristorante “Caprese” di via Giordano Bruno, per veder emergere i suoi rancori e mettere, in quel momento e per alcuni giorni la mia intenzione di chiudere il rapporto.
Arriviamo alla Stazione Centrale di Napoli nel primo pomeriggio dell’11 agosto e prendiamo il taxi per il B&B Scarlatti, al Vomero, dove mia nipote, la figlia di Delia, aveva prenotato una stanza per noi. C’era la Metro, proprio lì, di fronte alla stazione ferroviaria, e arrivava a due passi dalla nostra stanza, in via Scarlatti, ma mi sono adeguata a Delia nella scelta della via più comoda: il taxi.
La mia prima sensazione di Napoli è di allegria, armonia e tranquillità. La città, lungo il percorso in taxi, mi appare avvolta da un clima di rilassatezza e cordialità. Percorriamo diversi cavalcavia e sottopassaggi, gruppi estesi di condomini popolari e, attraverso vicoletti anonimi e piccole giravolte che non rivedrò più, arriviamo nella fantastica via Scarlatti, nel quartiere del Vomero. Un altro mondo! Negozi con insegne di grandi firme, bar affollatissimi, ristoranti strappieni, aperti con orario continuato, tavolini lungo tutta la via Scarlatti, persone che cantano e suonano la fisarmonica tra la gente, gente elegante che passeggia avanti e indietro come fosse una sfilata. Portiamo su le valigie e scappiamo verso la stazione Metro di piazza Vanvitelli. Siamo entrambe in difficoltà con la macchinetta dei biglietti, ma c’è un tizio lì appostato che ci dà una mano, in cambio della mancia, naturalmente! All’interno della Metro, qualcuno sta cantando “Bella ciao” e anch’io spontaneamente mi associo. C’è sempre Delia che mi sollecita ad andare oltre, però, con il suo “anin” detto in friulano.
Napoli, 11 agosto 2022. La Galleria Umberto I
Scendiamo alla fermata di Toledo, percorriamo l’affollata via del Centro storico ed entriamo quasi subito nella splendida Galleria Umberto I e ci sediamo in un anonimo bar per un caffè e una sfogliatina. Entriamo, nella galleria, proprio dalla via Toledo, uno dei quattro passaggi dai quali si accede, da diverse vie. Fa molto caldo, ma il clima è più secco rispetto al nostro Nord-Est e, quindi, più sopportabile. La galleria è splendida e di grandissime dimensioni. La cupola che la sovrasta pare immensa. Edificata nel 1887 è stata ultimata nel 1890, tutto in soli tre anni, ed in poco tempo pare sia divenuta il centro “mondano” di Napoli, anche grazie alla sua posizione accanto ai luoghi più importanti della città. A me, personalmente, non è sembrata molto animata rispetto ad altri luoghi, forse per il periodo in cui diversi negozi erano chiusi, forse per l’orario in cui l’abbiamo attraversata. In effetti, non ci siamo più tornate! Usciamo dalla Galleria attraverso via Santa Brigida e poi ripercorriamo la via Toledo nella direzione opposta: guardiamo le eleganti vetrine dei negozi di abbigliamento e calzature, concordiamo che i prezzi sono considerevolmente più bassi rispetto a Udine, la nostra città.
Ritorniamo nella via Scarlatti in Metro, passeggiamo un po’ lungo questa splendida via chiusa al traffico nelle ore serali e cerchiamo il ristorante “La Caprese”, molto raccomandato a Delia da un pizzaiolo napoletano che vive a Udine. Dopo cena, ancora passeggiata tra le eleganti sfilate di abitanti e turisti e, verso le 22:00, concordo con Delia che è ora di rientrare. Diamo un’occhiata alla Tv per aggiornarci sulla situazione danzante della politica italiana e mettiamo la sveglia per l’indomani: si andrà a Capri!
12 agosto 2022
Da Napoli a Capri
Sveglia di buon mattino, caffè al bar di via Scarlatti e camminata veloce verso piazza Vanvitelli per prendere la Metro in direzione della piazza Garibaldi. Arrivate là, cerchiamo a lungo il punto della fermata del pullman che dovrebbe portarci al porto per imbarcarci poi sul traghetto per Capri. Il chiosco della biglietteria è ancora chiuso e chiediamo informazioni a destra e a manca sulla fermata dell’autobus; nessuno ne sa niente, ma alla fine arriva, con la scritta ben visibile, ma dall’altra parte della piazza. Ci eravamo organizzate già ieri per questa escursione e avevamo acquistato i biglietti proprio al chiosco, sia per il percorso fino al porto sia per il traghetto per l’isola di Capri e il ritorno. Saliamo sul traghetto: è affollatissimo, ma troviamo due posti a sedere soltanto nella parte coperta e sottostante. Pazienza! Il cielo è terso e via via che ci allontaniamo lasciamo il Vesuvio alle nostre spalle: la sua cima è anche oggi coperta dalle nuvole. Intravediamo, in lontananza i famosi Faraglioni, ma non andremo ad esplorarli: c’è troppo caos e fa troppo caldo!
Al porto di Capri, prendiamo l’autobus per raggiungere la Piazzetta, cioè la Piazza Umberto I. Ci sediamo subito in uno dei tanti elegantissi bar per berci un costosissimo caffè e guardare la gente. Il via, vai di turisti è incessante e nasconde tutta l’archittettura delle case che stanno intorno alla piazza. Ci sono coppie di anziani con dei corpi appesantiti e pance sporgenti, famiglie con figli piccoli sui passeggini e gruppetti di donne elegantissime e truccatissime che attraversano la Piazzetta. Qui a Capri, ma anche a Napoli e dintorni, le ragazze e molte donne apparentemente umili prestano grande cura alle unghie delle mani che si presentano lunghissime, coperte da smalto, spesso bleu o verde, e affilate come artigli. Anche le cameriere che preparano i caffè nei bar e puliscono continuamente i tavoli e il banco hanno questo tipo di artigli e ci chiediamo come facciano a lavorare con quei prolungamenti artificiali.
Dalla Piazzetta, lungo una ripida scalinata, raggiungiamo la Chiesa di Santo Stefano, la più grande dell’isola. La nuova chiesa è stata costruita nel 1688, pare dove in origine sorgevano un’altra chiesa, dedicata a santa Sofia ed un vecchio monastero benedettino, risalente al 580, di cui ora rimane solo il campanile.
Capri, 12 agosto 2022. La chiesa di Santo Stefano
L’nterno della chiesa è a croce latina, divisa in tre navate, dove la principale è coperta da una volta a botte e quelle laterali sono coperte da una serie di cupole. Sulle navate laterali si aprono quattro cappelle, dedicate: a San Michele Arcangelo, alla Vergine Maria, alla Madonna del Carmine e al Sacro Cuore di Gesù, mentre, dietro l’altare si trova l’organo.
Usciamo dalla chiesa e scendiamo lungo la scalinata sulla quale si sono seduti dei turisti. Vorrei sedermi anch’io un po’ all’ombra, ma non è possibile perchè arriva subito una giovane guardia comunale a far alzare i turisti. C’è anche un cartello con la scritta che vieta di sedersi su gradini e muretti in generale. Esploriamo un po’ l’isola: percorriamo le viette caratteristiche con muretti a secco, orticelli a terrazza, piccoli vigneti, ristorantini e negozi eleganti, panorami splendidi verso il mare, in tutte le direzioni.
Entriamo in un elegante ristorante che qualcuno aveva fortemente raccomandato a Delia. Forse è ancora presto, ma siamo le uniche clienti e prendiamo posto accanto alla vetrata che dà verso il mare. Delia protesta con il cameriere perchè ci leva i piatti dalla tavola quasi prima di aver finito di mangiare. Poi, con me, si lamenta del servizio! Boh, per me fa lo stesso: tanto, avrei mangiato più volentieri un panino, anche in piedi, comprato in qualche supermercato di Napoli.
Scendiamo al porto con la funicolare: è un attimo! Ci sediamo al bar, ma fortunatamente passa molto tempo e non arriva nessun cameriere. Così, ci spostiamo verso il traghetto che ci riporterà a Napoli e ci accodiamo alla lunga fila di turisti già in attesa. Lascio quest’isola un po’ delusa dalla sua mancanza d’identità e dal suo sfrenato business turistico. Sulla via del ritorno viaggiamo al piano di sopra e possiamo di nuovo ammirare il Vesuvio che, questa volta si avvicina. Il cielo in quella direzione è scurissimo, ma arriviamo al porto di Torre del Greco prima della pioggia.
Porto di Capri, 12 agosto 2022. Sul traghetto di ritorno a Torre del Greco-Napoli
Tornate al Vomero in Metro, non vorremmo andare subito alla Residenza che ci ospita, ma proprio mentre usciamo dalla Stazione inizia a piovere intensamente. Rimaniamo lì una mezz’ora e appena la pioggia si attenua corriamo velocissime verso la nostra stanza. Quasi subito smette di piovere: usciamo e ci dirigiamo verso la via Luca Giordano dove sta il ristorante “La Caprese” quello dove abbiamo cenato ieri sera. Ordiniamo la pizza Margherita: è squisita! Poi, passeggiamo per la via Luca Giordano, la percorriamo in lungo e in largo per osservare la gente seduta ai ristoranti e ai bar, per guardare ancora l’affascinante via, vai di persone che cammina avanti e indietro, spingendo passeggini o carrozzelle con disabili, tenendo cani al guinzaglio o semplicemente sfilando con elegantissimi abiti lungo la via. Ad un certo punto, arriviamo in un luogo dove le luci sono più tenui e bar e ristoranti scompaiono di colpo. Entriamo nelle stradine laterali dove si aprono i vecchi rioni con le antiche case di pietra vulcanica e le tradizionali botteghe popolari. C’è ancora qualche spiraglio di luce che filtra dalle serrande semi abbassate dove i bottegai stanno riordinano cassette e bottiglie vuote per caricarle sui furgoni posteggiati in strada. Anche questo è un altro mondo!
Napoli, 13 agosto 2022
E’ sabato! Siamo all’interno del lungo ponte di Ferragosto e c’è un pienone di gente lungo le vie e in attesa di entrare nei musei. Passeggiamo per il Centro storico, attraversiamo il quartiere Spaccanapoli e ammiriamo i giganteschi murales su Maradona che dominano un po’ dappertutto, anche dalle pareti più alte delle case. Alziamo lo sguardo e vediamo svolazzare una miriade di panni stesi con fili allacciati dai terrazzini da un lato a quelli di fronte, lungo tutti i viottoli del quartiere. Siamo nella zona più antica della città, il luogo attraversato da tre vie parallele di origine greca, che vanno da est a ovest ; una di queste è oggi chiamata Spaccanapoli ed era un decumano per i romani, e, prima di loro, nell’antica Grecia, un luogo nevralgico. Le vie sono strette, il tratto più vivace è via San Biagio dei Librai. Poco più avanti, verso est, troviamo la Basilica gotica e il Monastero di Santa Chiara, costruiti alla fine del Trecento grazie alla regina Sacia D’Aragona, che, avrebbe desiderato ardentemente farsi suora di clausura, ma le fu impedito. Si narra che la regina abbia chiesto al marito, il re Roberto I D’Angiò, di edificare un complesso religioso e lui l’accontentò. La Basilica, iniziata nel Trecento, venne trasformata nel Settecento secondo lo stile Barocco e riportata allo stile iniziale nel secondo dopoguerra. Accanto alla Basilica si erge il Chiostro delle Clarisse, creato anch’esso nel Trecento e completamente modificato nel Settecento.
Napoli, presepio nella via dei Presepi
Ci inoltriamo, di seguito, nella via San Gregorio Armeno, la via dei Pastori. Il complesso è uno dei luoghi di culto più importanti della città. La chiesa, è stata costruita dalle suore armene dell’ordine di San Basilio, sulle rovine del tempio della Dea Cerere. Le suore, arrivarono dall’Armenia nel Cinquecento portando con loro le reliquie di San Gregorio. Qui, fondarono anche un Chiostro e un Convento. All’interno della chiesa è custodito il sangue di Santa Patrizia, che, come quello di San Gennaro, si scioglie, ma in data diversa: ogni 25 agosto.
Napoli, San Gregorio Armeno e presepio nella via dei Presepi
Camminiamo lentamente tra le botteghe artigianali stracolme di presepi fatti a mano, semplici e spettacolari nello stesso tempo, con le splendide statuine in terracotta, e gli ambienti costruiti, per lo più, con pezzetti di legno e corteccia.
Napoli, presepio nella via dei Presepi
Più in là, entriamo nella chiesa di San Lorenzo Maggiore e visitiamo sia la Basilica che la Neapolis Sotterrata con i resti dell’ antica Napoli. La Basilica, costruita tra il 533 e il 555, si trova in Piazza San Gaetano, dove, in età romana, era situato il Foro. Tra il 1270 e il 1300, la chiesa venne rinnovata in stile gotico francese.
Napoli, la Sala Sisto VI
La Basilica e il Convento possono essere considerati tra i primi insediamenti francescani a Napoli. In fondo al Chiostro c’è la sala Sisto V, un tempo adibita a refettorio dei frati e divenuta, nel 1442, sede del Parlamento napoletano. Le volte della sala sono interamente affrescate e creano un’atmosfera molto intensa. Gli affreschi risalgono ai primi anni del XVII secolo.
Napoli, la Città Sotterrata
Scendiamo nella Città Sotterrata che risale al periodo romano, con qualche traccia riferibile alla città greca. C’è un Chiostro il cui pozzo è sormontato dalla famosa statua di San Lorenzo. Scendendo ancora più sotto, si incontra una stradina di epoca romana con nove botteghe di due stanze ciascuna sui lati. Sono ancora evidenti le tracce di un mercato con le attività artigianali e commerciali che si svolgevano all’interno, con, sia un forno che delle vasche per la tintura dei tessuti. Alla fine della stradina, si giunge al mercato coperto, suddiviso in piccoli ambienti comunicanti, ciascuno dei quali reca dei banconi in muratura, utilizzati per l’esposizione delle merci. L’ultimo ambiente del portico ci mostra una monumentale opera idrica risalente alla sistemazione tardo-ellenistica del mercato, che serviva ad incanalare le acque in una situazione di forte pendenza. Lì accanto, nella stanza centrale dei tre grandi vani, si può osservare anche un impluvium. Qui c’è anche una Schola, cioè un edificio destinato alle riunioni di associazioni religiose e commercianti. In questa zona archeologica, i paramenti murari risalgono all’età tardo antica e medioevale.
Napoli, la Città Sotterrata
Visitiamo anche il Museo che sta accanto alla Basilica: qui sono raccolti tutti i reperti ritrovati negli scavi dell’antica Neapolis che vanno dal periodo greco-romano fino al ‘700-‘800, con testimonianze che partono dall’epoca greca e arrivano a quelle di epoca romana (repubblicana ed imperiale), dall’epoca tardo-antica a quella paleocristiana e poi bizantina, dall’alto medioevo e dalle civiltà normanna e sveva, fino a quella angioina e aragonese.
Napoli, Quartiere San Lorenzo
Pranziamo in un piccolo ristorante dei quartieri spagnoli, un posto scelto a caso, quasi nascosto, tra i viottoli che si diramano dalla via Toledo. Fa sempre molto caldo! Torniamo nella Piazza Trieste e Trento e proseguiamo per la Piazza del Plebiscito e ci sediamo un po’ al famoso caffè Gambrinus.
C’è la fila anche qui, come nei musei, ma individuiamo un tavolino piccolissimo in un angolo e riusciamo a farcelo subito assegnare. Ammiriamo, anche da sedute, la Piazza del Plebiscito che prende il nome proprio dal plebiscito che sancì l’annessione del Regno delle Due Sicilie all’Italia. Lasciamo il caffè Gambrinus e ci addentriamo nella piazza: è immensa!
Napoli, Palazzo Reale in Piazza del Plebiscito
A nord c’è il Palazzo della Foresteria con la Prefettura, in alto c’è il Castel Sant’Elmo e la Certosa di San Martino, a sud c’è il Palazzo Salerno, ora edificio militare, a est il Palazzo Reale e a ovest la Basilica di San Francesco di Paola con due statue equestri scolpite da Antonio Canova sul davanti.
Osserviamo il Palazzo Reale costruito nel 1599 e modificato via, via, nei secoli successivi. La facciata, in pietra vulcanica, piperno e cotto, si estende per 169 metri in Piazza del Plebiscito. Il palazzo custodisce le otto statue dei principali re di Napoli, volute da Umberto I.
Piazza del Plebiscito vista dalla chiesa di San Francesco di Paola. Sullo sfondo il Palazzo Reale
Il Museo ha sede nelle trenta sale che costituivano l’appartamento reale dove si sono avvicendati vicerè spagnoli, austriaci e i Borbone. Dalla Piazza del Plebiscito, proseguiamo per il vicinissimo lungomare Nazario Sauro.
Guardiamo, in lontananza, il Castel Nuovo, più comunemente chiamato Maschio Angioino, perchè fu fatto edificare da Carlo I d’Angiò. Anche da lontano si nota la sua imponente Torre della Guardia, un maestoso arco di trionfo.
Ci avviciniamo un po’ per ammirare i bassorilievi in marmo che descrivono l’arrivo di Alfonso d’Aragona a Napoli, nel 1442. Passeggiando sul lungomare assollato guardiamo il Vesuvio con i gruppi di casette arroccate tra le rocce e gli alberi, e dall’altra parte scorgiamo, appena, appena, l’isola di Capri che soltanto ieri abbiamo visitato. Sul far della sera, torniamo al Vomero con la funicolare: è rapidissima! Passeggiamo lungo la via Scarlatti, tra sedie e tavolini affollatissimi, gente che passeggia lungo la via e persone ferme davanti alle bellissime vetrine. Le case, i quartieri e le aree verdi del Vomero sono curati e ben tenuti. Apprezzato dai Borbone e arricchitosi di ville liberty nel Novecento, ancora oggi è una delle zone residenziali più ambite dai napoletani, sia per la spettacolare vista sulla città, sia per le vie alberate e ricche di negozi. Il nome Vomero, però, deriva da vomere, cioè dal vomere dell’aratro e, quindi, dai tempi in cui la gente lavorava la terra. Pare che già nel Seicento, gli aristocratici abbiano popolato questa zona, per sfuggire alle epidemie della città. Ci sarebbero due grosse perle da visitare qui al Vomero: il Castel Sant’Elmo e la Certosa di San Martino, oltre al caratteristico Mercato Rionale di Antignano; ma tornerò un’altra volta. Per ora, entriamo nella via Giordano Bruno e ceniamo in una trattoria diversa dalle sere precedenti, di livello più basso, ma con i prezzi adeguati agli altri ristoranti.
Napoli, 14 agosto 2022
Preso il caffè nel nostro bar preferito, in via Giordano Bruno, arriviamo in Metro nel Centro Storico. Vogliamo visitare il Duomo e vedere l’ampolla con il Sangue di San Gennaro. La costruzione della Basilica fu commissionata da Carlo I D’Angiò, nel 1272, su edifici preesistenti, ma l’attuale facciata neogotica, resa preziosa dal bellissimo portale medioevale venne realizzata tra Otto e Novecento. L’interno è a croce latina e le dieci cappelle laterali appartengono a periodi storici che vanno dal Tredicesimo al Dicianovesimo secolo. Nella navata destra c’è la Cappella del Tesoro di San Gennaro, il Patrono di Napoli. La Cappella, di stile barocco, venne progettata nel Seicento e finanziata dal popolo napoletano per chiedere, in cambio, la protezione dalla peste del 1527 e dalle eruzioni vulcaniche. E’ molto bella la cancellata d’ingresso, in ottone con le sbarre che se percosse, producono dei suoni diversi. La cupola della Cappella è abbellita dall’affresco del Paradiso, di Giovanni Lanfranco. Qui dovrebbe esserci la famosa ampolla con il sangue del santo, ma non la troviamo. Chiediamo informazioni e ci rispondono che sta chiusa in cassaforte, per motivi di sicurezza. Ci dicono che viene esposta tre volte all’anno, in attesa del miracolo dello scioglimento del sangue, ma a volte questo non succede, creando grande panico tra i credenti. Percorriamo tutto l’interno del Duomo dove ci sono anche opere di: Luca Giordano, del Perugino e di molti altri. Scendiamo, quindi, nella rinascimentale Cappella del Succorpo, la cripta realizzata per volontà del cardinale Oliviero Carafa, nel 1497, per custodire le Sacre reliquie di San Gennaro che dall’831 stavano nascoste nel santuario di Montevergine di Avellino. Sotto l’altare c’è l’urna con i resti del corpo del Patrono di Napoli. Nella navata centrale si trova la scultura di Oliviero Carafa in preghiera, sepolto in questa Cappella. L’opera è stata attribuita ad un artista di scuola romana degli inizi del XVI secolo. La Cappella è tuttora proprietà della famiglia Carafa.
Usciamo dal Duomo e camminiamo verso la via Toledo; entriamo nei Quartieri Spagnoli e troviamo quasi subito il ristorante “7Soldi”, anche questo molto raccomandato a Delia dal pizzaiolo napoletano che vive a Udine. E’ un luogo molto animato e piacevole! Ci torneremo!
Camminiamo verso il Lungomare e cerchiamo di raggiungere la famosissima via Caracciolo. Ci arriviamo e camminiamo un po’ lateralmente perchè la strada è parecchio trafficata. Fa molto caldo e ci sediamo sulle panchine laterali di un’area verde con parco giochi. Torniamo sulla via Nazario Sauro, sempre rimanendo sul Lungomare, e ci fermiamo in un animato bar per riposare e berci un caffè.Torniamo al Vomero con la funicolare e dalla piazza Vanvitelli passeggiamo come al solito lungo la via Scarlatti. E’ l’ora dell’aperitivo: ci fermiamo al nostro bar preferito, quello che sta all’angolo con via Giordano Bruno. Torniamo allo stesso ristorante di ieri sera e poi, riprendiamo la passeggiata sulla elegantissima via Scarlatti.