I’m going back to India: Mandu, M. P. (december 2016).

Alle 12.00, da Maheshwar, prendiamo la corriera per Mandu; 50 km in 2 ore e mezza. Anche qui c’ero già stata, ma andare con mio figlio i posti dove lui sceglie di sostare più a lungo mi porta a scoprire dei dettagli nuovi e significativi.

Mandu, Madhia Pradesh, 26 dicembre 2016. Grotte dove vivevano i guardiani delle mura.

Mandu, 26 dicembre 2016. Grotte dove vivevano i guardiani delle mura.

Ci inoltriamo per una passeggiata sull’altura intorno all’altopiano con i resti della cinta muraria del periodo di dominazione islamica della zona, dal 1300 al 1600, con le grotte ancora intatte dove abitavano i guardiani della fortezza.

Mandu, 27 dicembre 2016. Una delle porte del territorio murato nel periodo Moghul.

Mandu, dicembre 2016. Una delle porte del territorio murato nel periodo Moghul.

Il luogo si apre con un panorama stupendo fatto di massi e rocce in alto e di campi coltivati nelle zone pianeggianti. In lontananza si delineano nel cielo i profili delicati di una moschea e di due tombe musulmane solitarie.

Mandu, 27 dicembre 2016

Partiamo per una camminata lunghissima all’interno dei villaggi Adivasi, l’etnia originaria dell’India.

Mandu, 27 dicembre 2016. Famiglia Adivasi davanti alla loro abitazione.

Mandu, 27 dicembre 2016. Famiglia di etnia Adivasi davanti alla propria abitazione.

Percorriamo le strade sterrate ed i sentieri che si snodano intorno all’altopiano di Mandu; camminiamo sui resti delle antiche mura e delle porte che circondavano il territorio nei trecento anni di dominio islamico (1300-1600). In mezzo ai campi coltivati, la gente è intenta a spostare delle tubature mobili, in plastica, utilizzate per l’approvvigionamento idrico della zona e per l’irrigazione dei campi. Sono dei tubi lunghi e flessibili, a volte in plastica a volte in bambù.

Mandu, 27 dicembre 2016. Pozzo tra i villaggi Adivasi.

Mandu, 27 dicembre 2016. Pozzo tra i villaggi Adivasi.

Vengono trasportati sulle spalle da bambini e bambine, dalle falde acquifere scavate nei pressi del villaggio fino alle loro capanne. Sono dei bambini e delle bambine, di varie età, ragazzini che non sanno ne leggere ne scrivere e non sono mai andati a scuola.

Mandu, 27 dicembre 2016. Simone in un villaggio Adivasi.

Mandu, 27 dicembre 2016. Simone Mestroni, antropologo, in un villaggio Adivasi.

Al villaggio ci viene offerto del cibo senza accettare del denaro in cambio. Una bambina ci chiede soltanto dei biscotti da dividere con gli altri. Sulla strada del ritorno, proseguo da sola per un lungo tratto e mi fermo a visitare i ruderi della Chorkot Mosque e poi una delle tante eleganti tombe Moghul dalla forma di tempietto.

Mandu, 27 dicembre 2016. Tomba Chorkot

Mandu, 27 dicembre 2016. Tomba Chorkot.

Qualcuno mi racconta che molte tombe fino a poco tempo fa venivano utilizzate dagli Adivasi come abitazione ed anche come riparo per gli animali. Tra i rami dei maestosi alberi, che stanno accanto alle abitazioni, si vedono spiccare degli enormi fienili con grossi quantitativi di foraggio, posto all’aria ad essiccare.

Mandu, 27 dicembre 2016. Resti della Chorkoot Moschea.

Mandu, 27 dicembre 2016. Resti della Chorkot Moschea.

Al tramonto, andiamo a camminare intorno alla cima dell’altopiano. Ci sediamo ad ammirare il tramonto del sole un po’ offuscato dalla foschia ed a guardare i profili di una moschea e di alcune tombe islamiche. Sopra e sotto i dirupi ci sono delle vaste zone pianeggianti coltivate a frumento e grano. Nel fitto bosco dicono sia stato avvistato un leopardo. Certo è, che nel silenzio della montagna, vive un guru, in totale solitudine.

Mandu, 27 dicembre 2016. Trasporto di tubature nei villaggi Adivasi.

Mandu, 27 dicembre 2016. Trasporto di tubature nei villaggi Adivasi.

Dopo la decadenza del periodo islamico e prima dell’arrivo dei colonizzatori, sono stati avvistati molti fantasmi in tutta la zona. Secondo una giovane guida bramina del luogo, questi fenomeni si sono estinti grazie all’arrivo della religione induista che ha provveduto a ripulire la negatività della zona.

Mandu, 28 dicembre 2016

Questa mattina siamo usciti presto dalla guesthouse, quando ancora la temperatura era fredda. Abbiamo percorso una stradina sterrata che attraverso i villaggi Adivasi arriva fino ai resti di un palazzo Moghul.

Mandu, 28 dicembre 2016. Donna di etnia Divasi.

Mandu, 28 dicembre 2016. Donna di etnia Adivasi.

Gli edifici storici in questa zona sono molto curati e accoglienti. Dopo di noi è arrivato in bicicletta l’addetto alla pulizia dell’edificio: ci ha raccontato che ha un incarico governativo per questo ruolo, retribuito con 40 mila rupje al mese, circa 600 euro. Lungo la strada c’è un tempietto a forma ottagonale, sempre appartenuto al periodo di dominazione islamica. Quello che caratterizza il luogo è la stretta connessione tra le abitazioni degli Adivari e la molteplice distesa di edifici storici della zona. Le case sono costruite con i materiali poveri del luogo e sono simili a delle capanne. Solo alcune hanno la parabola sul tetto.

Mandu, 29 dicembre 2016. Pellegrina al tempio di Shiva.

Mandu, dicembre 2016. Pellegrina al tempio di Shiva.

Accanto alle capanne, in un tutt’uno con le costruzioni, c’è sempre un riparo per gli animali che per lo più vivono insieme alle persone. Difatti, la quotidianità delle famiglie si mescola insieme a quella di ovini e bovini con i loro piccoli, di chiocce con pulcini, a qualche gatto ed a molti cani. Qui a Mandu c’è un gran fermento per le prossime elezioni comunali che si terranno il 4 gennaio 2017. I due gruppi in competizione sono: quello che amministra attualmente la città, legato al partito di Modi, attuale primo ministro, e quello del Congresso che fa riferimento a Sonia e Rahul Gandhi. Per la campagna elettorale, ogni abitazione, tiene esposta la bandierina con il simbolo del partito scelto: il loto per il partito di Modi, il palmo della mano per quello del Congresso. Manifesti e striscioni poi, riempiono ogni piccolo spazio della cittadina e camioncini con altoparlanti urlanti attraversano le strade ed i villaggi, fermandosi a momenti per qualche comizio a diretto contatto con la gente. I candidati del partito del Congresso stanno battendo in particolare i villaggi Adivasi ed anche le casette ed i negozietti. Mi pare di notare che le aree rurali abbiano esposti più manifesti legati a questo partito, ma qualcuno mi dice che questa gente non conosce il significato dei simboli.

Mandu, 29 dicembre 2016. Pellegrini al tempio di Shiva.

Mandu, dicembre 2016. Pellegrini al tempio di Shiva.

Al tramonto ci spostiamo verso la cresta di un’altura e raggiungiamo un albero maestoso sotto il quale ci sediamo a guardare il sole tramontare. In lontananza si vede un tempietto con il tetto adibito a fienile e tante altre tombe che si delineano tra i profili di rocce e alberi. Da qui possiamo vedere i pellegrini scendere la gradinata che porta al tempio induista che sta sotto una roccia. E’ quasi notte quando attraversiamo i campi appena irrigati per tornare alla guesthouse. E’ buio e le strade non sono illuminate che dai fari di corriere e motociclette che ci accecano quando arrivano.

Mandu, 29 dicembre 2016

Siamo ancora a Mandu e nella mattinata raggiungiamo il tempio induista dedicato a Shiva situato tra le rocce che sostengono l’altopiano. La tabella in metallo posta all’entrata lo indica come “Nilakantha Palace”. E’ stato costruito in pietra rosa nel XVI secolo, nel periodo della dominazione islamica e la sua struttura è quella tipica utilizzata dall’imperatore Akbare che ricorda molto lo stile  delle moschee.

Mandu, 29 dicembre 2016. Il tempio indu del XVI secolo.

Mandu, 29 dicembre 2016. Il tempio indu del XVI secolo.

Scendiamo attraverso una lunga scalinata insieme ai numerosi pellegrini del Narmada che, nel loro percorso, solitamente si fermano anche qui. Laggiù, seduto in posizione yoga c’è un giovane guru con una lunga barba che offre il cjai a tutti. All’interno si scende di qualche gradino e si raggiunge una sorgente la cui acqua viene raccolta all’esterno in una grande vasca.

Mandu, 29 dicembre 2016. Pellegrini del Narmada di passaggio.

Mandu, 29 dicembre 2016. Pellegrini del Narmada di passaggio.

Verso mezzogiorno ci spostiamo nella piazza del mercato per prendere la corriera per tornare a Maheshwar. Polizia e ambulanti ci forniscono degli orari completamente diversi tra di loro. Alla fine accettiamo di salire su un furgone fatiscente, insieme ad un numeroso gruppo di pellegrini. Attraversiamo per lo più stradine sterrate tra i campi coltivati con i pellegrini seduti dietro di noi, su due panche di metallo, poste l’una di fronte all’altra. Noi due, siamo seduti davanti insieme all’autista: una rete metallica ci separa dai pellegrini. Da dietro arrivano i canti delle donne insieme a delle grandi vampate di fumo da sigaretta.

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