Varanasi, 26 febbraio 2019
Camminando verso Sud, questa mattina guardo i lavatoi , quelli più lontani, che stanno emergendo dal fiume in secca.
Antichi lavatoi.
Laggiù c’è una donna che ne sta usando uno per lavare i panni, anche se per raggiungerlo ha dovuto immergere le gambe nell’acqua del fiume. Al Kedar ghat stanno celebrando le solite puje per gli antenati e il sacerdote sta sbadigliando, forse per la noia. Più giù, invece, al Shiva ghat, una famiglia di bramini, arrivata in aereo da Bangalore, sta celebrando una puja diversa, in piedi, insieme ad un sacerdote molto coinvolto.
Shivala ghat, 26 febbraio 2019. Puja.
Pregano tutti con molta enfasi: gli uomini con il bacino avvolto nel telo bianco e il dorso nudo, le donne vestite, dietro di loro. Mi coinvolgono sia nel prendere nelle mani il calore della fiamma di un braciere sia donandomi una manciata di petali di rose da gettare nel Gange.
Panorama dal Shiva o Shivala ghat.
Le tende paiono diminuite, ma ce ne sono ancora moltissime: alcune vuote e altre con gruppi di sadhu riuniti a chiacchierare. Anche oggi si vedono dei turisti seduti all’interno di qualche tenda. Quaggiù, dove terminano gli accampamenti, c’è un giovane sadhu che sta attirando l’attenzione dei tursti per la gran fila di collane che gli ruotano intorno alla testa e al collo e paiono, immobilizzarlo.
Gruppo misto di sadhu sotto un tendone.
Qui accanto, sotto il grande palazzo, incontro il business baba che oggi mi saluta in modo più cordiale. Quando il portone del palazzo si apre per far uscire un bel numero di sadhu, lui vorrebbe entrare, ma gli sbarrano il passaggio. Chiama qualcuno, bussando alla porta, ma nessuno si fa vivo e lui dopo un po’ di tempo se ne va. Verso le 13:30, alzo lo sguardo e vedo il portone aperto, spalancato.
Il tempio dell’ashram al Shiva ghat.
Entro a vedere cosa c’è, anche se c’ero già stata delle altre volte, ma diverso tempo fa. Allora, a parte la guest house in fondo, c’erano dei templi, dei porticati e delle porte chiuse tutt’intorno. Ora, invece, le porte sono aperte, i porticati adibiti a mensa, le stanze abitate e le logge piene di sadhu seduti o distesi a riposare.
Il porticato adibito a mensa dell’ashram.
Questo è un ashram, scopro, e ora ospita i sadhu arrivati qui per il Kumbh Mela ed è pieno di lavoranti che spazzolano e lavano i pavimenti, cucinano e riordinano. Appena mi vedono, un uomo e una donna seduti sul ripiano di un tempio, mi offrono di pranzare lì.
Alla mensa dell’ashram.
Io faccio un giro e vedo il porticato mensa vuoto, con due file di piatti di foglie già usati, appoggiati sul pavimento. Non oso chiedere niente a nessuno lì. Torno indietro e dico che la mensa è chiusa, ma l’uomo e la donna mi rimandano là e mi fanno portare un buonissimo thali. Mi seguono una ragazza tedesca con un velo sulla testa e un giovane francese.
La guest house che sta accanto all’ashram del Shiva ghat.
Esco sul retro, e passo davanti alla piccola guest house che sta all’entrata del vecchio palazzo. Sono circa le 14:00. Torno verso Bangali Tola attraverso i viottoli. All’altezza del Kedar ghat, rimanendo sulla gali, c’è una fornitissimo mercato di vegetali e numerosi negozi di alimentari aperti. Più avanti c’è un tempio dedicato a Shiva e delle donne riunite per una preghiera.
Donne in preghiera al tempio di Shiva del Kedar ghat.
Torno sui ghat dopo le 17:00. Tre dei bambini travestiti da divinità mi si avvicinano: tutti vogliono contare fino a dieci! Sono vestiti in modo diverso, ma forse si sono soltanto scambiati gli abiti. Più su, saluto i tre remagi, sempre seduti lì, e salgo sulla grande terrazza a leggere un altro pezzo di “Guerra e pace.” Sono incuriosita da quello che succederà al principe Andrey, a Boris, a Natasa, a Pierre, a Sonia, ma non posso dedicare troppo tempo a leggere. Sono quasi le 18 e 30 e tra poco inizieranno le grandi puja sui ghat principali. Scendo dalla terrazza.
Sadhu bardato di collane in posa all’esterno della sua tenda.
Quassù, nel ghat, ora è pieno di indiani: alcuni stanno andando in barca a vedere la cerimonia, altri, la maggior parte, sale la scalinata per tornare alla guest house o per ripartire. Scendo ancora verso il Dashashwamedh. Nel tratto che porta al Manmandir ghat non si vede quasi nessuno, ma da qui, inizia il fermento: barche che si muovono, sadhu che accendono candele lungo il Gange e fiumi di gente che avanza verso gli spettacoli della sera. Passo attraverso le cerimonie delle due grandi puja del Dashashwamedh ghat: il coinvolgimento della gente è intensissimo. Mani giunte in adorazione, braccia che si levano verso il cielo, cori che ripetono mantra, campanelli che suonano, fumo che si sparge nell’aria.
Il rito di porgere la fiamma agli spettatori durante la cerimonia serale al Dashashwamedh ghat.
L’atmosfera è carica dell’energia della gente e io mi fermo per percepirla. Al Chousati ghat mi siedo a sgranocchiare gli arachidi che ho appena comprato da uno dei numerosi venditori che stanno sulla riva. Passa la cuoca di Arezzo che avevo incontrato in India due anni fa. Le mancano ancora quattro anni per raggiungere l’età della pesione e, saltuariamente, ora lavora come badante. Poco dopo, si siede accanto a me un sadhu del Madhia Pradesh. Parla un po’ d’inglese: mi racconta non ricordo cosa, ma quando mi alzo per andarmene mi chiede dei soldi. Torno al Dashashwamedh ghat e guardo i due sadhu che portano quei pesanti catafalchi sulla testa. Dico loro: “baba it’s too heavy!” e faccio il gesto di piegarmi per il troppo peso. Mi sorridono entrambi e quello che io chiamo “il divo” mi rincorre per darmi un colpetto scherzoso sul capo.
Varanasi, 27 febbraio 2019
Questa mattina, con internet che funziona a momenti, per un disguido, ho cancellato una settimana del mio reportage. Che rabbia! Lo rifarò, con calma, forse soltanto quando tornerò in Italia.
Panorama dall’ashram del Shiva ghat, verso Sud.
La maggior parte del tempo che trascorro qui, a Varanasi, lo passo sui ghat. E sono sempre delle giornate interessanti.
Donna del Rajasthan.
Oggi, ho voglia di tornare nella zona dell’ashram dove sono stata ieri. Lungo il percorso, prima del Kedar ghat, incontro un gruppo di donne del Rajasthan e mi fermo a cercare di comunicare con loro.
Gruppo di donne del Rajasthan.
Più giù, c’è un black baba indaffarato a tritare le verdure e a buttarle in una grossa pentola, colma d’acqua, che sta già sul fuoco.
Black baba che cucina.
Al Kedar ghat, si odono le solite cantilene dei mantra e si vedono gli stessi rituali delle puje. E’ la straordinaria ripetitività di eventi sempre vissuti intensamente da chi ne è coinvolto ed la grande emozione di chi, come me, se sta a guardare. Al palazzo dell’ashram mi siedo sulla gradinata a sferruzzare. Ho portato con me un top che mi è diventato troppo stretto o forse lo è sempre stato.
Attività nelle tende dei sadhu.
Controllo la porta dell’entrata all’ashram: è aperta e ogni tanto esce qualcuno. Ora sta arrivando, da lì, un gruppo di insegnanti di Dungarpur, nel Rajasthan. Loro, hanno pranzato qui all’ashram e, dopo aver visitato il tempio e fatto il bagno nel Gange, ripartiranno per Allahabad, dove alloggiano. Arrivano, accanto a me, uno ad uno, per scattare dei selfie. Poi, piano piano, si ricongiungono tutti per la foto di gruppo, insieme a me. Loro se ne vanno e scende dall’ashram una coppia di Allahabad: lei è una sarta di 40 anni e lui un impiegato di 48 anni. Hanno un figlio di 21 anni che studia ingegneria. Lei ha studiato fino alla quindicesima classe, completando gli studi dopo la nascita del figlio. Stanno trascorrendo nove giorni di vacanza qui, riempendo le giornate tra la visita al Vishwanath Temple, il bagno al fiume e il pranzo all’ashram. Nel pomeriggio riposano fino alle sette di sera, poi, tornano ad uscire. Quando se ne vanno, lei mi saluta con molto affetto, mentre lui si è completamente dimenticato di me, tutto preso dal soffiarsi il naso all’aria aperta.
Momenti di riposo all’interno di una tenda.
Sono quasi le 14:00 ed entro nell’ashram per pranzare. Il pavimento della mensa è stato appena lavato e non si vede nessuno in giro. Dalla cucina arrivano delle voci: sono di un gruppo di ragazzi e stanno preparando dei gnocchetti appallottolandoli con le mani e disponendoli poi su un tagliere. Oggi mi sento più coraggiosa rispetto a ieri e chiedo loro se c’è del thali. Mi capiscono soltanto quando uso la parola “cana”. Credo a quest’ora sia troppo tardi per il loro pranzo, ma comunque mi fanno sedere su un pezzo di stuoia, srotolata sulle pietre bagnate, e mi portano la “cana” sul solito piatto di foglie. Il ragazzo che mi serve non è molto loquace, anzi, forse è anche un po’ seccato. Il suo letto sta sotto la loggia lì accanto e appena mi vede corre subito a controllare se ci sono ancora il suo orologio e il cellulare sottto il cuscino. Appena terminato il mio pasto, il ragazzo, mi fa cenno di portare il piatto in una bacinella, poco lontana da lì. Sulla terrazza dell’ashram ci sono dei sadhu che dormono e degli studenti di sanscrito che mi informano sull’esatto nome dell’ashram: “Panchanda Nikan Jan Akhdd Vranghi”. Vicino al gruppetto di ragazzi c’è un sadhu con il suo letto. Si sta pettinando la barba. Mi dice che forse è nato nel 1969 e il suo nome è NikaJan Dev. Qualche giorno dopo mi dirà, invece, che ha 69 anni. Mentre sto chiacchierando con il sadhu, il cielo si è annuvolato e sta iniziando a piovere. Esco dall’ashram da dove sono entrata e vado a ripararmi sotto il tendone che fa da veranda ad una tenda, lì accanto. Arriva un sadhu con un enorme turbante sulla testa e si mette in posa per i turisti che lo vogliono fotografare. Appena smette di piovere mi avvio verso la guest house.
Sadhu impegnata ad asiugare il suo riparo dopo la pioggia.
Poco più su del Shiva ghat c’è la tendina della sadhu che sta sempre sola: sta asciugandola l’acqua che le è entrata all’interno ed è disperata. All’Harishchandra ghat saluto la sadhu artista della Croazia che sta andando, con una borsa di plastica, alla toilette che sta sotto il crematorio.
Elegante tenda all’Harishchandra ghat.
Qui, in questo ghat, di fronte alle gabbie per le pire, è stata allestita una sfarzosa tenda con pannelli, manifesti, ghirlande, bandiere, fiori finti e piante vere. Dall’interno esce un’allegra musica mentre all’esterno stanno riuniti i parenti dei defunti che stanno bruciando. Tutto si fonde qui: la gioia e l’allegria condivise dello stare insieme e il passaggio della morte così vicino e naturale.
Sadhu lungo i ghat.
La sera torno al Dashashwamedh ghat a rivedere questo grande fenomeno della religiosità del popolo indiano. I bambini, vestiti da divinità come fossero dei clown, mi chiamano, anche stasera, per salutarmi. Hanno il piattino con i colori rosso e bianco che gli indiani usano porre, come segno, sulla fronte delle persone, in cambio di un’offerta. Stasera ne vedo parecchi di questi bambini travestiti. Chi mai ci sarà dietro questi piccoli?
Folla di gente al Dashashwamedh ghat per la puja serale.
Torno in guest house con un pacchetto di melanzane e patatine fritte e anche dello yoghurt per la cena. Incontro Rahul, il proprietario della guest house, lungo i viottoli. Lui, mi annuncia che Edoardo, un amico di mio figlio, mi sta aspettando proprio in guest house. Edoardo sta facendo un dottorato di ricerca sul quartiere a luci rosse che si trova al di là del fiume. Là, ci sono delle stanzette allineate dove stanno le prostitute arrivate dal Bengala, dal Nepal, Bihar e dal Rajasthan. Sono circa una settantina e solo alcune sono di Varanasi. Ce ne sono poi delle altre: sono le adolescenti che abitano lì con le famiglie ed è difficile individuarle per la complicità che le protegge. Il quartiere ora si è animato per la costruzione di un cementificio che ha portato lì un gran numero di operai. “La ricerca è affascinante,” mi dice Edoardo, “ma anche molto triste.”
Varanasi, 28 febbraio 2019
In questi giorni, stanno arrivando delle notizie preoccupanti sui rapporti tra India e Pakistan. Sono stati abbattuti due aerei indiani e catturato uno dei due piloti che si era lanciato con il paracadute. I due aerei erano entrati nello spazio aereo del Kashmir, la regione contesa tra le due potenze. Come conseguenza, diversi voli che attraversano quel tragitto, tra il Nord dell’India e il Pakistan, sono stati cancellati e la zona è stata dichiarata “no fly zone”. Spero non venga sospeso anche il mio prossimo volo per l’Iran!
Tenda soggiorno nei pressi dell’Harishchandra ghat.
Questa mattina al Chousati ghat c’è un gruppo di italiani sui settant’anni. Sono arrivati qui dopo un veloce giro in Rajasthan e si fermeranno soltanto due giorni. Sono di Parma e viaggiano con un’agenzia di “Avventure nel mondo”.
Donna del Madhia Pradesh al Kumbh Mela di Varanasi. 28 febbraio 2019.
Cammino verso l’Assi ghat anche oggi. Nella zona della palazzina dei barcaioli c’è un gruppo di donne con i capelli rasati e in capo coperto da una specie di asciugamano. Sono del Madhia Pradesh e stanno contrattando, con un venditore, i prezzi per l’acquisto delle borse. Sono agguerrite: urlano che costano troppo, ma ne sono affascinate. Alla fine, si rassegnano! Cercano il sacchetto che portano legato al giro vita, sotto diversi strati di vestiti, ne estraggono i soldi, pagano e se ne vanno soddisfatte.
Gruppo di donne del Madhia Pradesh. 28 febbraio 2019.
Di venditori di borse ce ne sono sempre tanti lungo i ghat e fanno tutti dei buoni affari. Camminano straccarichi, tenendole appese dalle braccia al collo, al dorso e alle mani assumendo una forma quasi sferica. Si fermano a tratti, quando vedono arrivare i pellegrini e vengono subito attorniati. E’ il progresso che arriva a sostituire con la modernità di plastica i grossi bagagli annodati con un telo e portati sul capo.
Barca di sadhu in partenza dal Shivala ghat. 28 febbraio 2019.
All’Harichandra ghat mi si affianca un indiano per parlarmi dell’ “Hanuman Ashram” dove è possibile pranzare, ma per me è troppo presto. Mi indica la scalinata per accedervi e, stranamente, per caso, più tardi, forse, mi troverò davanti proprio a quell’ashram. Prima di lasciarmi, il ragazzo mi chiede un offerta, per se stesso, naturalmente!
Tra le tende.
Mi siedo vicino al fiume, sotto il palazzo che ospita l’ashram del Shiva ghat. La porta ora è chiusa, ma si aprirà, di lì a poco, per far uscire un numeroso gruppo di sadhu che poi saliranno su una barca e si allontaneranno fin oltre il Manikarnika ghat. Alcuni di loro sono europei e parlano in francese.
Il momento del the in una tenda. 28 febbraio 2019.
In quell’ashram non ho molta voglia di tornare per il pranzo, ma sono curiosa di capirne qualcosa in più. La mia perplessità è sorta nel modo con cui mi ha servito il pranzo il ragazzo di ieri. L’ha fatto come fosse un’elemosina, mentre il giorno prima era stato come un bel dono. Difatti, quando verso le 14:00 chiedo se c’è la “cana”, i lavoranti mi dicono che non c’è più cibo! Sarà anche vero, perchè, lì accanto, c’è tutta una serie di pentoloni vuoti messi a lavare.
Sadhu sulla scalinata dell’Hanuman ghat. 28 febbraio 2019.
Così, mi avvio verso i ristoranti di Bangali Tola. Passo davanti alla tenda della sadhu venale sempre munita di scopino. Oggi ha la faccia e il collo spalmati di bianco e sembra più magra e minuta. Le sadhu sono sempre vestite dalla testa ai piedi e non espongono alcuna nudità.
La scalinata dell’hanuman Temple. 28 febbraio 2019.
Mi fermo a guardare le due sadhu amiche che vivono nella stessa tenda pur essendo una vestita di arancione e l’altra di nero. All’Hanuman ghat arriva una barca carica di sadhu che salgono la scalinata e si dirigono tutti nella stessa direzione.
Tenda mista nei pressi dell’Harishchandra ghat.
Tra loro c’è una donna anziana che cammina a fatica, aiutandosi con un bastone. Seguo lei, ma anche gli altri sadhu finchè li vedo tutti entrare nell’ashram, forse proprio quello di cui mi parlava il ragazzo di qualche ora fa.
Ashram per sadhu all’Hanuman ghat.
In quella zona, chiamata Hanuman, come il ghat, ci sono altri luoghi che ospitano baba e sadhu gratuitamente. Sono posti che fanno riferimento a questo o a quest’altro guru.
La scalinata che porta all’Ashram dell’Hanuman ghat.
Lo si capisce dai grandi manifesti esposti con le loro immagini nelle entrate. Da questo intreccio di gali, popolato da sadhu. Sbuco sulla strada asfaltata che porta all’Harishchandra ghat, una zona percorsa da auto risciò e automobili. Qui, imbocco un viottolo che conosco bene e che porta verso l’interno del Kedar ghat e a Bangali Tola.
Incontro al Kedar ghat.
Nel tardo pomeriggio entro nella gali che va verso l’Annapurna Temple. Lì accanto c’è anche la mensa gratuita per i pellegrini. Riesco ad individuare il posto, difficile da trovare anche se c’ero già stata con mio figlio.
La gali accanto all’Annapurna Temple.
Le gali qui sono animatissime di negozi e pellegrini. Si aprono sullo stretto vicolo numerose le rivendite di sarees, bracciali, dolci, spezie, statuette e immagini sacre. Percorro questi vicoletti in varie direzioni, poi, torno sui ghat.
La benedizione dello scopino al Dashashwamedh ghat. Sera del 28 febbraio 2019.
Qui, le gradinate e le barche si stanno riempendo di pellegrini che attendono di vedere lo spettacolo della sera. L’atmosfera è magica!