Ieri sera è iniziato il Shivaratri, il festival che ricorda il matrimonio tra Shiva e Parvati.
Godowlia, 4 marzo 2019.
E’ tornato il sole, ma le gali, le strade e il lungo fiume sono ancora bagnati e fangosi. Tra Bangali Tola e Godowlia c’è una marea di gente: stanno in fila dentro il percorso delimitato dalla staccionata per entrare al Vishwanath Temple. Anche sulla strada libera, quella che porta verso il Dashashwamedh ghat c’è una grande folla. Già quando si arriva sopra la scalinata, c’è una massa incontrollata di gente che spinge, con forza e senza scrupoli, per farsi strada.
Tra Godowlia e Bangali Tola, 4 marzo 2019.
Tra la calca della folla, una famiglia di Aurangabad, nel Maharashtra, mi si avvicina per scattare una foto di gruppo. Scendendo al Dashashwamedh ghat vedo che i sadhu, nonostante il Kumbh Mela sia terminato, sono ancora impegnati a distribuire benedizioni e scopettate.
Sul Gange il giorno del Shivaratri.
Qualcuno, però, mi ha detto che, pian piano, se ne andranno, quasi tutti. Mi guardo intorno: ci sono degli uomini con il turbante bianco sulla testa. Mentre gli indiani riescono a capire da che regione provengono i vari gruppi dal modo in cui si vestono, io ho imparato soltanto che gli uomini con il turbante bianco in testa arrivano dal Rajasthan.
Manmandir ghat, 4 marzo 2019. Pellegrini del Rajasthan al Shivaratri.
Di questi ne ho visti diversi oggi, sia nelle file per il Vishwanath Temple sia qui, ora, sui ghat. Un indiano, sdentato e sorridente, viene a sedersi accanto a me. Ha in braccio un bellissimo bambino di circa un anno. Lui mi dice che il Shivaratri dura tre giorni, ma altri invece mi hanno assicurato che questa notte sarà tutto finito. Questo indiano mi racconta che lavora in un college come facilitatore della lingua inglese, ma sicuramente ho capito male, perchè l’inglese lo parla molto poco.
Folla al Dashashwamedh ghat. 4 marzo 2019.
Con la giornata soleggiata l’atmosfera è molto più allegra e, qua e là, sono anche ricomparse le donne che tengono con le mani i sarees stesi ad asciugare. Io son seduta al Manmandir ghat, tra le bancarelle di collane e la staccionata con dei vestiti appoggiati sopra. Il vecchio Black baba che stava qui, non si vede più, da diversi giorni.
Al Dashashwamedh ghat, il 4 marzo 2019.
Passa una ragazzina abbastanza grande, di quelle che girano vestite da divinità. Mi saluta e se ne va, ma poi torna insieme al bambino più piccolo, vestito allo stesso modo. Lui, appena mi vede, inizia a contare, ma si è già dimenticato i primi tre numeri. Entrambi mi dicono che frequentano la scuola: la più grande è in quarta, il più piccolo in prima. Chissà se è vero! I due bambini se ne vanno e arriva un sadhu. Forse è lo stesso che l’altra sera si era seduto accanto a me al Chousati ghat. Difatti, mi dice le stesse cose per poi chiedermi dei soldi.
Massaggio al Dashaswamedh ghat.
Poco dopo mezzogiorno la gente sui ghat diminuisce un po’ rispetto a due ore fa. Torno verso la zona della mia guest house, ma rimango sul lungo fiume. I sadhu che benedicono e danno scopettate sono ancora molti sia al Dashashwamedh ghat che più giù, al Rama ghat. Di fronte alla Tea-stall hanno costruito un nuovo lingam, avvolto nella bambagia e addobbato con dei fiori.
Rama ghat, 4 marzo 2019. Il lingam rivestito di bambagia.
Dopo il Chousati ghat la situazione cambia: molteplici gruppi stanno celebrando delle puje particolari. Un grosso pellegrinaggio comprendente gente del Maharashtra, del Karnataka e dell’Andhra Pradesh sta celebrando una ricca puja con diversi sacerdoti insieme.
Puja dei pellegrini del Maharashtra, del Karnataka e dell’Andhra Pradesh.
Su un lingam di pietra hanno versato latte di mucca e di cocco, riso, pezzi di banana e foglie verdi. Accanto c’è una fiamma accesa. A momenti, qualcuno del gruppo, suona a lungo un campanello e interrompe la recita del mantra con altre parole. Poco più giù, sempre al Manasarowar ghat, c’è un gruppo più piccolo di persone, proveniente da Hyderabadh.
Puja con fantocci di Shiva e Parvati sposi.
Questi pellegrini hanno costruito, nella location della puja, anche due fantocci con le figure di Shiva e Parvati vestiti da sposi. Seguono, più giù, altre piccole puja, molto simili nel loro rituale, ma diverse nell’allestimento e nel numero di persone coinvolte. Al Somesoswar ghat, dove c’è il palazzetto dei barcaioli, tra i due grossi templi dedicati a Shiva si sta celebrando un’altra grossa e ricca puja, con molti alimenti versati sul lingam e molte persone intorno.
Puja al Somesoswar ghat.
Mi si avvicina un ragazzo di 22 anni. Si chiama Pardi e fa il barcaiolo. Mi racconta che parla diverse lingue oltre all’hindi, tra cui l’inglese, il bengali e il giapponese. Lui non è mai andato a scuola e non sa nè leggere nè scrivere. Le lingue straniere le ha imparate stando qui, sul ghat, con la gente.
La madre di Sonu.
La sera, al Chousati ghat incontro Maria Tavernini, una giornalista di Napoli. Parliamo dell’intervista che ha appena fatto a mio figlio sul libro “Linee di controllo”che lui ha scritto di recente. Poi, collegandoci a Napoli, ci soffermiamo sui libri ultimamente scritti da Elena Ferrante ed alle parti tramutate in sceneggiato e trasmesso recentemente in TV. Maria deve incontrare il suo ragazzo e anche Edoardo, all’Assi ghat. Loro lo sanno che alla sera mi rintano nella mia stanza e ceno lì con poche cose. Maria, però, mi chiede ugualmente di congiungermi a loro. Io, sono così felice quando vedo che esiste questo piccolo mondo, così umano, semplice e sensibile! Accanto a me, ora si siede la mamma di Sonu e Guddu, i due fratelli barcaioli del Chousati ghat. Stasera, qui, c’è anche l’altro fratello, quello di mezzo. La madre dei ragazzi avrà poco più di 50 anni ed è molto curata nella sua semplicità. Indossa un sari sul verde, degli anelli alle dita, una lunga fila di bracciali ai polsi. Alle caviglie porta delle grosse cavigliere, argentate. Ha una borsetta bianca tra le mani che apre velocemente per riporre i soldi che uno dei figli le ha appena consegnato. Guddu è seduto accanto a me e a sua madre. Gli chiedo quanti anni abbia. “Are you twenti years old?” gli dico. Lui mi risponde affermativamente, ma segue una lunga discussione con la madre per risalire all’anno della sua nascita: il 1993. Quindi, ha 26 anni. Il giorno se lo ricorda bene: il 29 gennaio!
Un affollato negozio di gioielli e bigiotterie a Bangali Tola.
Nessuno dei tre fratelli è mai andato a scuola. Anche loro, come Pardi, l’altro barcaiolo, non sanno nè leggere nè scrivere, ma parlano diverse lingue. C’è un altro ragazzo sempre qui sul ghat: lui lavora per Sonu e i fratelli. Si chiama Chotu, ha 22 anni, ed ha frequentato la scuola statale fino alla decima classe. Quando saluto la madre dei tre fratelli che se ne sta andando via con un “Namaste” Chotu mi corregge e mi insegna che, quando ci si lascia, ci si saluta con un “Tata”! Torno in guest house attraverso la città vecchia di Bangali Tola. Mi fermo ad osservare un gruppo di pellegrine che sta scegliendo dei gioielli o, forse, delle bigiotterie davanti al bancone di un negozio che s’affaccia sulla stradina. Alcune di loro portano delle grosse borse sulla testa, ma non hanno fretta: scelgono con cura ogni cosa, discutendone, alla fine, animatamente, i prezzi.