Saluto Nafiseh, Nina, il piccolo Amir Abbass, ma anche il fratello, sua moglie e il loro bambino. Saluto anche il personale dell’ostello, una gestione particolarmente familiare ed accogliente.
La giornata è in parte nuvolosa, ma la temperatura è mite. Sono da poco passate le 10:00 e sulla strada per Tabriz, lungo i bordi sterrati, si vedono già le famiglie sedute in cerchio, accanto alle loro auto, impegnate nel tradizionale picnic. Il paesaggio qui è piano, i campi sono coltivati e s’intravedono i ruderi di alcune vecchie case di fango in mezzo a delle nuove industrie. C’è anche la ferrovia che corre parallela a questa grande strada. Più avanti compaiono delle pinete intervallate da fabbriche e nuove costruzioni, dei palazzi piatti ed incolori. In lontananza si vedono le montagne e ai loro piedi dei vasti gruppi di abitazioni. Nei prati e sulle basse colline compaiono più volte i greggi di pecore, marrone e bianchi, che si spostano in continuazione, apparentemente senza alcun pastore. In qualche zona si vedono numerose persone raccogliere le erbe selvatiche dei campi. Andando avanti, si notano distese di campi arati e alcuni con le piante già nate. Compaiono anche delle vaste zone coltivate a riso e delle altre con alberi da frutto. All’uscita dei grossi tratti autostradali ci sono delle vaste aree di sosta con servizi igienici, negozi e ristoranti. Nel parcheggio attrezzato, nei pressi della città di Qazsvin ci sono dei venditori di tamburelli che, suonando, cercano di vendere gli strumenti da loro stessi costruiti. Sono di Tabriz, mi dice qualcuno. Sulla strada principale, ci sono diversi autostoppisti che mostrano dei grandi cartelli con delle scritte in persiano.
Ci sono anche dei venditori di pupazzi che li agitano tenendoli tra le mani, con le braccia alzate. Continuando il percorso si vedono, molto distanti, le montagne basse e aride che si alternano con i campi arati e le piantine ancora piccole. Ora, compaiono delle alte cime lontane, ancora innevate su alcune costoni. Nell’area di servizio di Tach-e Soleiman, pranzo, seduta su un gradino, con un panino offertomi da una donna di Tabriz che parla l’inglese. E’ molto grezza, ma essenziale nelle informazioni che mi fornisce. Ha studiato all’università di Beirut, in Libano e, pur avendo la mia età, insegna ancora nella sua città. Comincia a piovere e la gente dei picnic ritira velocissima la sua attrezzatura e si rifugia in auto. La neve delle montagne si fa più vicina e ora per un tratto, su un’altura che stiamo attraversando, sta nevicando intensamente. Scendendo lungo una pendenza la neve si trasforma in pioggia battente, poi si ferma e ricompare un raggio di sole. Nell’arco di pochi Kilometri ci sono stati sia la pioggia che la neve; di seguito, ancora la pioggia dirompente e poi, all’improvviso è tornato il sole. Verso le 19:00 arriviamo a Tabriz e la donna della mia età mi saluta frettolosamente con un “Good bye!” e scappa via. La temperatura è mite quassù e l’hotel che mi ha prenotato l’agenzia di Kashan è carino. Nessuno dei lavoranti parla, nemmeno una parola d’inglese. Di fronte alla mia stanza c’è la sala delle preghiere, con il pavimento rivestito da sfarzosi tappeti. Dentro c’è un uomo che sta pregando rivolto verso di me, ma non alza lo sguardo per salutarmi.
Tabriz, 28 marzo 2019. Sera nell’area pedonale.
E’ sera ormai quando esco dall’hotel per esplorare la cittadina. C’è anche qui, una vasta zona pedonale o forse soltanto un’area a traffico limitato. L’hotel sta sulla Iman Komeini street, la via centrale di Tabriz.
I simboli mitologi del Nawruz, esposti in mezzo ad un piazzale di Tabriz.
Ci sono diversi negozi ancora aperti e numerosi venditori ambulanti, sparsi qua e là. In alcuni spazi sono esposti i simboli del Nawruz: mele, frutta secca, acqua, erba e fiori.
Carrettino con le barbabietole lessate.
Caratteristici del luogo sono i carrettini che vendono delle grosse barbabietole cotte. In diverse postazioni ci sono delle statue che rappresentano le attività e i modi di vivere antichi della zona e ora molti le utilizzano per scattare delle foto insieme a loro.